Possiamo avere obiettivi pur negando il senso della vita?

Nel precedente post ho concluso che è inutile dato che è impossibile e persino non sincero cercare di capire il "senso della vita" per attuarlo. Ho accennato al benessere umano come ricerca autentica a cui di fatto si tende lungo il corso delle nostre vite. Confesso che toccare quel tema è di una complessità schiacciante, quindi proseguirò molto per gradi nell'affrontare il tema del benessere, spazierò su temi affini e qualche volta anche disgiunti da esso.

Di fatto seguiamo sempre degli scopi

Vorrei affrontare un fatto che in apparenza smentisce l'abbandono della ricerca di un senso della vita che, per come l'ho definito, sarebbe uno scopo da realizzare nel corso della nostra esistenza. Tale fatto è che noi, le istituzioni, la società seguiamo continuamente degli scopi e da questi emergono delle direzioni che vengono seguite sia nella propria vita, sia come collettività. Con direzioni intendo scopi più generali rispetto a scopi molto specifici. Quindi come si concilia la negazione di un senso per gli esseri umani se questi sono dotati di menti che li fanno agire tramite obiettivi?

Faccio un po' di esempi per non rimanere troppo sul piano astratto. Alcuni obiettivi che più o meno tutti noi seguiamo sono: mangiare e procurarsi riserve di cibo per quando avremo fame; mantenere un buon rapporto sociale con i nostri simili; cercare un valore o mantenere il proprio; mettere da parte dei soldi per comprare qualcosa di nostro interesse; fare coppia con un partner; votare il partito che speriamo difenda meglio i nostri interessi o che ci instradi verso un futuro migliore; evitare la noia; seguire ciò che ci reca piacere; o seguire credenze più complesse che riteniamo ci portino a qualcosa di buono (es. le religioni), ecc.

La mente tende a seguire vari obiettivi o scopi (uso questi termini come sinonimi), ma bisogna distinguere lo scopo per cui un organo naturale, come una mente umana, sia stato intenzionalmente generato (scopo inconoscibile e forse inesistente) dai meccanismi conservativi che permettono a certe entità di persistere nel corso del tempo. Evidenziare che scopi e meccanismi siano aspetti diversi può apparire oscuro, ma è una differenza molto precisa e la illustrerò gradualmente.

Persistere nel tempo è un meccanismo o uno scopo?

Conservo il ricordo illuminante della lettura de "Il gene egoista" di Richard Dawkins. Dal quale emerge un concetto un po' astratto ma di portata generale, ovvero il concetto di "replicante". In una delle sue "concretizzazioni" corrisponde al concetto di gene, ovvero una sequenza di basi azotate nel DNA che si mantiene stabile nel tempo, almeno fino alla replicazione che è una speciale strategia (tipica degli organismi viventi) di continuare ad esistere nel corso del tempo. I replicanti sono tali grazie alla stabilità che li caratterizza.

Questo meccanismo di conservarsi, replicarsi e così persistere nel tempo è appunto un meccanismo e non un'intenzionalità. Se l'entità in questione non avesse una strategia per persistere nel tempo, si tratterebbe di un fenomeno che degenera e si estingue. Naturalmente ci sono le vie di mezzo, gli errori nella replicazione e la competizione tra replicanti, nonché eventi ambientali catastrofici che portano al fallimento della capacità di conservarsi impedendo la fase di replicazione. Ma non è il quadro complesso che ora ci serve esaminare, solamente il principio di fondo.

Persistere nel tempo risulta essere un obiettivo. Questa impresa dura finché non avvengono estinzioni o mutazioni che portano a nuovi replicanti magari con vantaggi competitivi che possono determinare la fine dei replicanti "padri" (es. tramite la sottrazione di risorse sia vitali che riproduttive). Questa impresa assume l'aspetto di uno scopo, dato che tende a realizzare certi obiettivi, ma chiedersi se tale meccanismo sia stato generato per uno scopo intenziale è una questione differente rispetto agli obiettivi che tale meccanismo deve soddisfare per continuare ad esistere.

Necessità logica degli obiettivi di un replicante

Per quanto possiamo trovare in natura tanti tipi di replicanti (i geni nel DNA assumono certamente un ruolo principale) e per quanto possiamo collezionare evidenze empiriche al principio della fitness (traducibile con idoneità), replicanti e fitness sono concetti tautologici, ovvero veri per definizione.

Un replicante è tale proprio perché si replica ed in questo modo persiste nel tempo. Se non si replicasse non lo considereremmo un replicante e se non persistesse nel tempo non avremmo mai modo di conoscerlo. Esistono oggetti come i sassi che persistono a lungo nel tempo, ma non sono esseri viventi, non si replicano, non c'è un supporto di informazioni che descrive come generare un nuovo sasso, quindi non li consideriamo replicanti per definizione. Chiaramente risulta interessante scoprire gli innumerevoli modi in cui un replicante è stato prodotto dalla natura, sia ancora esistente o ormai estinto, ma le tante modalità non fanno differenza per l'argomento che si sta trattando.

Analogamente, il concetto di fitness (idoneità) che in biologia è il prodotto tra la probabilità di sopravvivere e la probabilità di generare una prole che raggiunga un'età matura per riprodursi a sua volta, è un concetto che si applica a quello di replicante e ha tutta una serie di conseguenze che pur ricevendo conferme empiriche, sono di fatto necessità logiche. Se la probabilità di sopravvivere scende gradualmente a scapito di un rivale che la guadagna gradualmente è ovvio che il primo finirà per estinguersi (o ci andrà vicino) ed il secondo diventerà la tipologia più diffusa in un ambiente per lui vantaggioso. Oppure, se non si arriva ad una riproduzione effettiva, la cui prole muore alla nascita mangiata da predatori o uccisa da fattori ambientali avversi, è necessario che tale replicante non risulti più idoneo e quindi finirà per estinguersi. Non può esistere un caso empirico che falsifichi la definizione di fitness perché si basa su necessità logiche. Come prima, è pur sempre interessante vedere quali complesse relazioni si instaurano tra specie immerse nell'ambiente che cambia col tempo, però sono concetti tautologici, veri per definizione.

Per togliere ogni dubbio, un caso empirico che potrebbe falsificare la validità e la completezza del concetto di fitness potrebbe essere una sorta di animale con scarse capacità di sopravvivere e nessuna capacità di riprodursi. Gli umani hanno anche introdotto animali e piante di questo genere, per esempio zanzare allevate e infettate da un certo batterio che rende le uova della femmina incapaci di schiudersi e quindi di riprodursi. Oppure semi geneticamente modificati resi anche sterili per evitare che si diffondano in natura. Se gli umani continuano a rilasciare zanzare sterili e diffondere semi sterili, paradossalmente troviamo questi esseri viventi in abbondanza ma la loro fitness dovrebbe essere zero e quindi non dovremmo trovarli. Essi non sono adatti all'ambiente in cui vengono inseriti, possono solo estinguersi. Però, se qualcuno li genera e li rilascia nel tempo a venire, in particolare nel caso dei semi OGM sterili, osservando bene, nemmeno questo falsifica il concetto di fitness. Infatti, si parte da un seme fertile che ha un certo gruppo di geni interessanti, altri geni introdotti tramite l'ingegneria genetica perché interessano alla specie umana e questo gruppo totale di geni risulta avere una simbiosi con gli umani che lo producono e lo curano e quindi si avvale di strategie riproduttive differenti dal suo "padre naturale" ma è pur sempre un replicante, in realtà adatto all'ambiente e alla cultura umana in cui si trova. Quindi anche se in apparenza sembrava non avere possibilità di riprodursi, se lo troviamo nel corso del tempo, significa che una strategia riproduttiva l'ha trovata, anche se indiretta e non convenzionale. La natura stessa offre esempi complicatissimi di simbiosi e strategie riproduttive controintuitive (un esempio tra tutti il modo in cui si feconda l'infiorescenza femmina del fico. È troppo complicata da spiegare qui, ma è un esempio indiretto di fecondazione in cui parte delle femmine di un insetto dovranno morire dentro l'infiorescenza femmina per fecondarla).

Tornando agli obiettivi del replicante, dovrebbe essere ormai evidente che gli obiettivi essenziali come mantenersi (es. mangiare, o avere una membrana o una pelle o una corteccia che lo protegga dalle alterazioni ambientali, ecc.) e replicarsi (es. duplicarsi con la mitosi o accoppiarsi sessualmente o risultare vantaggioso per una specie facendosi coltivare, ecc.) non sono obiettivi che il replicante acquisisce, ma sono meccanismi necessari affinché il replicante ci sia, se uno dei due viene meno, sparisce pure il replicante.

Sopravvivere e riprodursi è lo scopo di ogni replicante?

Cercando di cavalcare ancora questa forzatura, potremmo dire che lo scopo di ogni replicante sia quello di sopravvivere abbastanza a lungo e riprodursi generando una prole feconda? No, quelle sono le caratteristiche affinché un replicante esista e sia incontrabile in questo mondo, ma lo scopo della sua esistenza rimane inconoscibile, come già detto.

Potremmo asserire che sopravvivere e riprodursi è il nostro scopo? No, non possiamo. Non solo perché come appena visto non possiamo asserirlo per un replicante, ma anche perché tecnicamente noi non siamo replicanti. La nostra copia genetica viene persa ogni volta che un individuo muore e non c'è nessun meccanismo che cloni naturalmente gli umani (nemmeno i gemelli sono una clonazione, perché nascono insieme, se vogliamo sono un "doppione" ma poi non sono in grado di passare il loro patrimonio genetico inalterato, ovvero non possono clonarsi). Infatti, dal libro con il titolo provocatorio "Il gene egoista", tutti gli animali, compresi gli umani, sono considerati solo "contenitori" e "mezzi di trasporto" per i veri replicanti, ovvero le lunghe sequenze di DNA o i singoli geni che coesistono in quella macromolecola e hanno alte o altissime probabilità di replicarsi senza alterazione. Per questo i geni sarebbero "egoisti" perché la creatura che li trasporterà è adattata e programmata a servire le necessità dei suoi geni e non il contrario. Però, esiste il grande e complesso capitolo della cultura umana, che quanto meno complica ulterioremente questo quadro, ma non serve addentrarsi ora nella cultura e nei suoi "memi".

Dunque, sopravvivere e riprodursi non può essere in nessun caso il nostro scopo, al massimo è lo scopo dei nostri geni. Noi singolarmente moriamo e non possiamo riprodurre il nostro esatto progetto genetico, quindi entrambi gli obiettivi falliscono sempre per l'individuo, per non parlare delle connessioni neurali che non hanno nemmeno in linea di principio una possibilità di essere copiate e che generalmente consideriamo un ingrediente importante della nostra identità.

Quali obiettivi dovremmo dunque seguire?

Si potrebbe pensare che sia utile individuare degli obiettivi da seguire, anche se non hanno a che fare con lo scopo dell'esistenza. Questo pensiero non risulta sbagliato a prima vista, però rischia di saltare un passaggio importante. Siamo realmente liberi di scegliere i nostri obiettivi? Come abbiamo visto con i replicanti, i loro obiettivi non vengono scelti, né acquisiti, ma sono una conseguenza del loro stesso funzionanto. Qualcosa di analogo deve essere vero per tutti gli esseri viventi, tra cui gli umani.

Noi abbiamo un certo tipo di funzionamento, che conosciamo in parte bene ed in parte mille domande sono aperte. Questo funzionamento determina certi obiettivi e sicuramente almeno questi obiettivi dovremmo cercare di soddisfarli o quanto meno gestirli. Possiamo anche chiederci se oltre agli obiettivi necessari o fondamentali esistano anche obiettivi che possiamo scegliere più "liberamente" e quali dovremmo scegliere. A tal proposito una riflessione sul libero arbitrio si rende necessaria e sarà svolta nel prossimo post.

Che tipo di programmazioni ci ritroviamo?

Vorrei concludere questa riflessione tentando un elenco il più possibile esaustivo, ma sarà improbabile che lo sia realmente, di livelli di programmazione e condizioni che sono presenti nella nostra realtà e che indirettamente o direttamente determinano il nostro funzionamento e quindi anche gli obiettivi, che almeno in parte ci ritroviamo a dover seguire. Di seguito:

  • Le leggi della fisica: si possono considerare come la programmazione dell'universo, per esempio la gravità o la struttura elettronica di atomi e molecole, ecc.
  • Condizioni planetarie naturali: è il sistema solare in cui è inserito il pianeta e da cui dipendono molti eventi ricorrenti (stagioni, maree, tempeste magnetiche, ecc.).
  • Condizioni ambientali naturali: è un particolare ambiente naturale con il suo clima, la morfologia, la flora e la fauna.
  • Programmazione genetica naturale: gli organismi viventi con il loro DNA e con le loro proteine si ritrovano un tipo di programmazione dettagliato e molto incisivo su quello che saranno, seppure modulabile con l'ambiente.
  • Dinamiche ecosistemiche: ecosistemi che si influenzano tra di loro, generando complesse dinamiche.
  • Programmazione neurale naturale: il nostro cervello rappresenta spontaneamente la realtà circostante, ci permette di pianificare azioni prima ancora di sviluppare una razionalità adulta, e mostra molti meccanismi innati per dare fin dall'età di un neonato comportamenti utili alla sopravvivenza.
  • Programmazione neurale artificiale: alle capacità naturali, si aggiunge una potenzialità di apprendimento che dipenderà dalla cultura, dall'educazione e possiamo considerare qui anche l'addestramento degli animali domesticabili.
  • Programmazione sociale non scritta: attraverso le relazioni e l'imitazione emerge una complessa rete di giudizi sui comportamenti approvati e disapprovati, sulle consuetidini nei modi di fare e tutto ciò che viene trasmesso vivendo in una famiglia e in un gruppo sociale e che solitamente non necessita di essere trasmesso per esplicito (questa programmazione sembra porsi al confine tra naturale e artificiale).
  • Programmazione sociale scritta artificiale: leggi, rapporti commerciali, istituzioni giuridiche e qualsiasi complessa rete di relazioni che coinvolge più umani, la cui complessità richiede regole esplicite per essere gestita.
  • Condizione ambientale artificiale: gli umani modificano l'ambiente, quindi oltre a quello naturale avremo i campi agricoli, le fattorie, gli allevamenti, la bonificazione delle paludi, le dighe, le città e ogni opera che trasforma l'ambiente in cui gli stessi umani vivono.
  • Programmazione robotica artificiale: gli umani sanno costruire macchine e complessi processi industriali, queste sono entità che rimandano alla capacità di essere "animati" degli animali, ma senza tutti i bisogni di un essere vivente e progettati per scopi specifici.
  • Programmazione informatica artificiale: più in astratto troviamo gli algoritmi o in generale i software che riproducono o potenziano certe capacità mentali degli umani e assolvono specifici scopi.
  • Cibernetica: macchine e software possono esistere in una interazione diretta con gli umani estendendone capacità fisiche e mentali.
  • Programmazione genetica artificiale: attraverso la selezione consapevole dei geni, la procreazione assistita, gli OGM e ulteriori tecniche di manipolazione dei geni gli umani possono influenzare la stessa programmazione genetica.
  • Condizioni planetarie artificiali: la capacità di modificare l'ambiente può interessare tutto il pianeta, come la colonizzazione di Marte, ma anche l'effetto serra globale e le varie forme di inquinamento globali (es. la plastica) e forse potremmo includere qui le stazioni spaziali.

Questo elenco di condizioni e programmazioni evidenzia i livelli che, se presenti, richiedono alla specie umana una idoneità. Trovarsi in conflitto con le loro condizioni e richieste potrebbe significare estinguersi (o singolarmente morire). Inoltre, determineranno tutta una serie di funzionamenti e dinamiche tra i quali dovrebbe trovare posto anche il funzionamento della specie umana, come anche il funzionamento dei singoli umani, vale a dire come realizzare il loro benessere.

Ribadisco che questo elenco è solo una cornice, utile ad avere qualche idea sul contesto che occorre conoscere per inquadrare la vita umana. Esso ci suggerisce che prima di capire cosa siamo "liberi di poter fare", occorre aver chiaro con cosa dobbiamo armonizzarci e cosa dobbiamo assecondare. Chiaramente cercare di fare uno zoom su uno solo di questi livelli significa far esplodere la complessità e saranno necessarie più scienze per dettagliare quello che emerge da ogni livello.

Conclusione

Per ora, ho concluso che avere degli scopi è compatibile col disinteressarsi al senso della propria esistenza. Sembra ovvio, ma di tanto in tanto si sente di persone che dicono di aver trovato un senso alla propria vita e ho sentito risposte come portare avanti una ricerca scientifica o dedicarsi ai propri figli o pregare per la pace nel mondo o dedicarsi alla musica o in generale seguire la propria passione o combattere contro malattie pesanti, ecc. Però, queste affermazioni sono scorrette, tutti loro non hanno possibilità di avere conoscenze su una questione metafisica come il senso della vita, così come visto nel primo post, probabilmente hanno trovato un approccio da seguire che risponde bene al loro modo di funzionare e quindi risulta sostenibile per un tempo sufficiente a coprire la vita di un umano.

L'attenzione deve essere posta solo sul modo di funzionare, perché è l'unica cosa empirica che possiamo studiare, sperimentare in prima persona, modificare, e di cui collezionare profili basati su tipologie di persone in cui ci si può riconoscere e seguendoli trovare un proprio benessere, tutto questo ignorando completamente il senso della vita. Credo che la precisione sia molto importante per scoprire nuovi aspetti che rischiano di risultare celati con un'interpretazione della realtà grossolana o inesatta.

Prossimamente, in un ordine non ancora pienamente definito, dovrò affrontare il tema del libero arbitrio, il tema dell'identità personale, e tentare di mettere a fuoco gli obiettivi più generali, le direzioni, che possiamo osservare nella nostra società. Tutto questo servirà come base per addentrarci nel funzionamento dell'essere umano. Sarà un percorso molto lungo.

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