I limiti della crescita economica e finanziaria
L'obiettivo della crescita economica e finanziaria
Vantaggi della crescita e svantaggi della sua assenza
Un obiettivo sempre presentato nella più ampia divulgazione economica e finanziaria è che bisogna crescere. Lo stato deve far crescere il PIL per permettersi una buona spesa pubblica e per mantenere il debito pubblico sostenibile. Un'azienda deve crescere per non ritrovarsi indietro con la concorrenza, quindi sia ammodernamento, sia accrescimento del budget per espandersi, produrre altri beni e servizi, inserirsi in nuovi settori di mercato, ecc. Quindi sia il pubblico che il privato hanno una forte pressione in termini di crescita economica e finanziaria.
Di contro, mancare l'obiettivo della crescita significa per uno stato avere meno nuovi posti di lavoro per l'occupazione; se il debito pubblico è grande, può richiedere un aumento delle imposte fiscali o tagli alla spesa pubblica o entrambe le cose in base alla gravità; mentre un'azienda che non espande il proprio commercio rischia di perdere anche quello che ha a causa dell'espansione e della competitività delle aziende concorrenti; non crescere significa scoraggiare le prospettive di reddito delle famiglie e dunque disincentivare la natalità, che a sua volta è una causa di contrazione del mercato interno di uno stato. Questi sono alcuni degli aspetti salienti in uno scenario in cui semplicemente non si riesce a crescere.
Distinzione tra crescita economica e finanziaria
Crescita economica e crescita finanziaria sono due cose diverse. La crescita finanziaria è più facile da capire, per lo stato significa far crescere il gettito fiscale rispetto alle spese, per il privato significa avere redditi più alti e/o budget più alti sempre rispetto alle spese. Banalmente crescere finanziariamente significa guadagnare di più.
Invece, la crescita economica è più complessa perché riguarda tutti gli aspetti in cui un'attività imprenditoriale o uno stato può migliorare. Potrebbe essere ammodernamento con nuove tecnologie; apertura a mercati esteri che porta a beni e servizi di cui un paese prima non disponeva ed ora dispone; aumento della produttività grazie alla razionalizzazione delle risorse; migliore benessere sociale o benessere per i dipendenti di alcune aziende a seguito di diverse politiche governative o aziendali; scoperta di risorse naturali sul proprio territorio; innovativa valorizzazione del turismo o di altre attività, ecc.
Una lista tanto ampia di benefici può sembrare sinonimo di una crescita positiva in assoluto, però non è così "perfetta" questa lista. Infatti, non può includere tutto ciò che è auspicabile per una popolazione e ciò che è auspicabile dipende anche da bisogni soggettivi e non è sempre chiaro se dargli un valore positivo o negativo. Per esempio, molti potrebbero apprezzare ritmi di produzione più lenti, pur abbassando gli stipendi, ma avendo più tempo libero personale. Altri troverebbero drammatico un calo di produzione per motivi facilmente giudicati come un irresponsabile ozio. Quindi in che modo lavoro e tempo libero si dovrebbero bilanciare per considerare tale cambiamento una crescita economica? Chiaramente non c'è una risposta univoca e questo è solo un esempio. Inoltre, come vedremo meglio, la crescita economica può scontrarsi con i limiti del pianeta e dell'ambiente, se estrarre del gas dal sottosuolo porta a posti di lavoro e ridotta importazione di energia, ma al tempo stesso crea problemi all'ecosistema locale e causa emissioni che aggravano l'effetto serra, ciò va considerata una crescita o un danno?
Spesso quando si fanno i conti per lo stato e per le aziende il focus maggiore è sulla crescita finanziaria, perché se i conti non tornano sono problemi immediati e ci sono conseguenze. Se, invece, i tanti fattori economici nei quali si può crescere hanno difetti, è più difficile quantificarli, hanno spesso conseguenze nel lungo periodo, si possono fare promesse e propositi posticipando i problemi, e non è detto che ci sia un accordo su come si voglia economicamente crescere, dipende anche dalla politica.
È possibile crescere economicamente e finanziariamente senza incontrare un limite?
Sono partito sottolineando che nell'attuale impostazione economica la crescita è un obiettivo imprescindibile e quella finanziaria ha solitamente la priorità sugli altri aspetti economici della crescita. È dunque possibile crescere sempre? Chiaramente la domanda non intende rimanere astratta e focalizzata su un modello formale per cui molti casi limite sono possibili, ma è una domanda che va calata nel contesto umano, in questo pianeta, considerando le tecnologie esistenti o possibili, ecc.
Crescere finanziariamente significa "fare più soldi" e questi vengono presi dai clienti di ogni attività commerciale, o da altre aziende clienti, o dai debitori di ogni tipo (mutuo della casa, semplice prestito, acquisto a rate, ecc.). Una tendenza emergente è che chi ha più soldi da investire, se investe bene, riesce a fare ancora più soldi. Mentre chi ne ha pochi può passare lunga parte della sua vita senza avere un capitale significativo da investire.
Notiamo che nel mercato privato i soldi ai lavoratori arrivano da altre persone o aziende, per avere sempre più ricchezza è necessario o che persone e aziende inizino a guadagnare più di prima spendendo più di prima, o che ci siano più persone e più aziende bisognose di comprare complessivamente più di prima. Il ruolo dello stato è secondario perché esso vive di un gettito fiscale preso dai buoni affari del mercato stesso, se l'economia ristagna, anche il gettito fiscale diminuisce. Lo stato può prendere soldi nel mercato finanziario aumentando il debito, però questa non è una reale crescita, ma una "promessa di crescere", che convince i finanziatori a prestare soldi perché riceveranno il loro interesse in futuro ed anche perché lo stato nel frattempo avrà fatto fruttare i suoi investimenti e ricaverà altri soldi ancora per dare un senso al prestito chiesto. Ma, nuovamente, lo stato dovrà avere più turisti o più automobilisti da tassare o più famiglie che pagano vari servizi o un miglioramento delle esportazioni, ecc. Insomma, come prima, servono più persone o aziende paganti anche nel caso della crescita finanziaria di uno stato.
Se a crescere è il numero delle persone e delle aziende è ovvio che abbiamo un limite dovuto all'impronta ecologica degli individui e all'uso di tutte le risorse materiali per cose e persone. Difficile quantificare il numero di umani che il pianeta può sopportare, anche in relazione al tenore di vita che ci auspicheremmo per ciascuno, ma certamente non è infinito. Dunque, in quanto a questo aspetto, c'è certamente un limite materiale che allo stato attuale delle leggi e delle tecnologie abbiamo per giunta sorpassato, perché non siamo in grado di rigenerare tutte le risorse che usiamo. Stiamo andando in debito con le risorse della Terra e quindi o miglioriamo miracolosamente il nostro modello di sviluppo o semplicemente dovremmo essere già molti meno rispetto a quanti siamo sul pianeta.
L'altro aspetto che lascia aperta una possibilità di crescita senza ovvi limiti è che le persone e le aziende siano le stesse ma guadagnino di più (e comprino di più). È possibile questo? Consideriamo il punto di vista del singolo imprenditore. Egli può fare molte cose per aumentare i propri guadagni: razionalizzare gli sprechi ed eliminare i costi inutili, aumentare la produttività con l'innovazione a parità di lavoratori, aumentare la qualità ed anche i prezzi di beni e servizi venduti, delocalizzare le parti produttive dell'azienda negli stati del mondo dove ciascuna operazione produttiva risulta più conveniente, anche pagare meno i lavoratori è un modo per guadagnare di più e naturalmente teniamo fuori dall'elenco ciò che non è legale.
Purtroppo, non è ovvio dire se è sempre possibile razionalizzare meglio il proprio processo produttivo ed il proprio organico; o se arriveranno sempre nuove tecnologie per aumentare la produttività a parità di lavoratori o riducendoli; come anche è nebuloso il confine tra giusto e ingiusto di fronte alle possibilità offerte dalla delocalizzazione nel mercato globale, spesso usate per ridurre le imposte e avere di fatto lavoratori pagati meno rispetto ad altri stati. La voce più difficile da predire riguarda proprio l'innovazione tecnologica e le nuove conoscenze scientifiche, perché possono alimentare molto il mercato nel settore terziario avanzato quindi incidendo meno sulle risorse materiali. Mentre le altre voci in elenco per quanto migliorabili è evidente che non sono migliorabili in modo lineare. In primo luogo, la storia, per esempio dell'Italia, mostra che razionalizzare è spesso un'impresa difficile, che va incontro a resistenze, che richiede tempo e persino una parte di cambiamento culturale nei dipendenti. In secondo luogo, è facile aspettarsi una dinamica "logaritmica" dove miglioramenti più modesti richiederanno via via più attenzione e sforzo per essere ottenuti, il ché suggerisce ovviamente un limite a questo modo di crescere.
Inoltre, se minimizzare il compenso ai lavoratori è uno degli ingredienti usati per far crescere i guadagni, forse avremo un assai ridotto numero di imprenditori nel mercato globale che effettivamente riesce ad accrescere i propri guadagni, ma sarà la crescita di una ricchezza assai mal distribuita e questo purtroppo è un problema che globalmente si accentua sempre di più. Nemmeno è chiaro fino a che punto una crescita accompagnata da una profonda maldistribuzione della ricchezza sia effettivamente sostenibile e non abbia qualche limite intrinseco che infine si manifesti con una crisi economica. Per il momento accantono il problema della maldistribuzione della ricchezza, ma riemergerà più avanti.
Ammettendo di essere arrivati ad efficienti modelli di business ormai adottati dalle aziende, per cui la razionalizzazione non è più un significativo margine di vantaggio, i cavilli legali e le possibilità offerte dalla delocalizzazione sono ben sfruttate, l'aspetto che rimane aperto per guadagnare di più senza banalmente vendere a più clienti (dato che il numero di umani disponibile deve essere un limite) è dunque aumentare la produttività o la qualità per giustificare prezzi più alti, ed entrambe i risultati si ottengono con l'innovazione.
È possibile crescere finanziariamente puntando solo sull'innovazione?
Nella divulgazione più ortodossa dell'economia, facilmente si punta sull'innovazione per alimentare la speranza della crescita. È certamente l'ingrediente più promettente tra quelli elencati, che altrimenti mostrano in anticipo ovvi limiti. Ma è anche vero che l'innovazione è una previsione sul futuro, che storicamente, soprattutto dall'era industriale in poi, è ben confermata e avvalorata, ma non è nemmeno tanto saggio dare per scontato che avremo sempre nuovi progressi tecnologici. Inoltre, sempre fin dall'era industriale, questo progresso si è accompagnato con lati negativi, in particolare, lo sfruttamento eccessivo delle risorse e gli inquinamenti di tanti tipi. Sappiamo che la sostenibilità è ancora un miraggio e gli andamenti negativi per l'ambiente continuano a peggiorare nonostante crescenti sforzi verso la sostenibilità. Quindi, non solo non si deve dare troppo per scontato che si possa sempre contare sull'innovazione, ma tutt'oggi non abbiamo un modello economico sostenibile su scala globale, ed è ancora meno ovvio se sarà l'innovazione a portarci alla sostenibilità, o serviranno piani e azioni di tutt'altro tipo.
Detto questo, è chiaro che non c'è modo di dare una risposta definitiva, ma c'è da far notare che il mercato sia finanziario, che il contesto delle spese in famiglia, risentono della fiducia nelle prospettive di crescita dell'economia. Quindi, siccome la crescita è un obiettivo necessario a far funzionare l'attuale modello economico, e incrinare la fiducia può soltanto contribuire a peggiorare i consumi e le compravendite, quasi tutti gli economisti favorevoli all'attuale modello economico e impegnati nella divulgazione punteranno tanto su progresso e innovazione per avvalorare la fattibilità di questo modello. A cos'altro potrebbero puntare?
Ho avuto modo di notare che ci sono due principali posizioni contrapposte in economia per quanto riguardo il modello di sviluppo. Una ritiene che il progresso sia un pericoloso dogma e bisogna fare i conti con l'impronta ecologica e quindi adottare anche misure che contraggono i mercati pur di raggiungere la sostenibilità. Praticamente, non contare sul progresso fino al punto da mettere in discussione la crescita stessa, significa non credere che il progresso e l'innovazione ci permettano di farci crescere senza limiti. Di contro, il gruppo più esteso e ortodosso tende ad affidare molte sfide che sembrano (anzi sono attualmente) impossibili all'innovazione, alla ricerca e a nuovi scenari che spaziano da quelli più modesti (commercio con le economie emergenti, creazione di nuove figure professionali a dispetto dell'automazione, efficentamento energetico, ecc.) a quelli più spinti (espansione su Marte, futuristiche applicazioni dell'intelligenza artificiale, tecnologie per rimuovere attivamente la CO2 dall'atmosfera, ecc.). Proprio in relazione alla domanda in questione è difficile sapere cosa sarà possibile e cosa no.
È possibile crescere finanziariamente immettendo più moneta?
Per come funziona la moneta a corso legale, è necessario menzionare un altro aspetto: la banca centrale può immettere nuova moneta nel sistema finanziario per "stimolare" la crescita. La banca centrale può essere nazionalizzata e quindi obbedire alle richieste dello stato (es. quella del Giappone o della Norvegia) oppure può essere privata e far dipendere le scelte da agenzie di rating e da altri istituti indipendenti che monitorano le prospettive di crescita nel mercato finanziario e nei singoli stati. È secondario ai fini di questa discussione chi decide la politica monetaria, perché resterò focalizzato sul caso in cui si decide di immettere più moneta nel sistema per favorire la crescita (poca importa chi l'ha deciso).
Anche se apparentemente può sembrare un'ulteriore via di crescita bisogna tener presente che il valore di una valuta, internamente alla sua area valutaria (solitamente uno stato con la sua moneta), dipende dal potere di acquisto di quella valuta, mentre esternamente all'area valutaria, ovvero rispetto a stati con diversa valuta, dipende dal rapporto di import ed export tra le zone con le due diverse valute. Per dare valore ad una valuta, un modo è dunque aumentare le esportazioni di beni, servizi o prodotti finanziari, così che altre valute comprino di più in quella valuta d'esempio, allora questa incrementerà il suo valore rispetto alle altre. Però, siamo nuovamente nel caso in cui serve "vendere di più" per crescere e dunque nessun nuovo "ingrediente".
Se invece consideriamo il potere di acquisto della moneta internamente ad uno stato, questo dipende dal PIL nel caso di una moneta a corso legale, ovvero dal volume complessivo di beni e servizi venduti nell'arco di un anno. Immaginiamo che la banca centrale statale dia a tutti i cittadini 400 € in più al mese (non importa se fattibile o meno, in teoria comunque si può fare), quindi a parità di potere di acquisto saremmo tutti più ricchi, però il problema della distribuzione uniforme di nuovo denaro è che le persone che hanno appartamenti da affittare potrebbero (e se possono lo fanno) chiedere più soldi perché le persone ne avrebbero di più e gli affitti da 300 € facilmente passerebbero a 600 € o più, anche i prezzi di quasi tutti i beni e i servizi sarebbero rivisitati al rialzo perché la gente avrebbe più soldi. Il risultato è che il potere di acquisto della valuta calerebbe e la nuova immissione di denaro non contribuirebbe a rendere tutti più ricchi, ma grosso modo non muterebbe la situazione, ci sarebbero più soldi, ma anche l'inflazione salirebbe e si creerebbe un nuovo equilibrio per ristabilire il potere di acquisto corrente perché i soldi immessi senza una controparte di economia reale a dare un valore, non aumentano la ricchezza, tanto meno la crescita (nel caso in cui questa sia affidata alla sola immissione di denaro, il caso che sto illustrando).
Realisticamente, il modo ortodosso di immettere liquidità nel sistema a partire dalla banca centrale è concedere alle banche private commerciali di prestare più soldi di quelli effettivamente a disposizione (rispettando limiti e concessioni della banca centrale) che vanno comunque restituiti con un interesse. Questo sistema incentiva la valorizzazione del nuovo denaro immesso. Se viene immesso, ovvero "dato uniformemnte", come nell'esempio limite di prima, appunto non si produce nessuna ricchezza, ma in quest'altro modo le banche private devono decidere come investire questi soldi (mutui per le case? mutui per l'avvio di una nuova impresa? acquisto di titoli di stato? altri investimenti?) e sono forzate nell'investire in qualcosa di produttivo perché devono ripagare i soldi che la banca centrale ha concesso, il loro guadagno dipenderà da un interesse che darà loro un reddito ed anche ripagherà l'interesse alla banca centrale (che può essere molto basso o persino zero). Però, si capisce bene che i nuovi soldi devono generare ricchezza, ovvero la possibilità di attrarre altri soldi ancora, per pagare l'interesse sui soldi prestati ed avere il risultato di incrementare i propri redditi. Per esempio, direttamente con una nuova attività commerciale avviata o, indirettamente, concludendo l'acquisto di una casa di proprietà (pagata con un lavoro stabile e anni di mutuo) e non essere più gravati da un affitto.
Il punto cruciale dell'immissione di denaro a partire dalla banca centrale e passando attraverso le banche commerciali è che ciò che si finanzia deve avere delle prospettive di crescita, altrimenti non si potrà ripagare un mutuo, non ci sarà un margine per gli interessi, se la banca privata investe male può fallire. Quindi servono delle condizioni di effettiva crescita per immettere nuovo denaro e queste condizioni di effettiva crescita sono essenzialmente legate alle previsioni di crescita del PIL. Un esempio banale, se siamo in un periodo difficile in cui le persono faticano a trovare lavoro e dispongono di pochi soldi, avviare un'impresa che vuole vendere beni non essenziali e un po' cari, rischia di non trovare gli acquirenti sperati. Quindi anche nello scenario di nuovi soldi immessi nel sistema, comunque per un'effettiva crescita serve che i potenziali clienti dispongano di più soldi ricavati dai propri lavori o non ci saranno le premesse per le aziende di "vendere di più", fermo restando che non possiamo aumentare il numero di clienti (perché questo deve essere un limite con cui fare i conti, come detto prima).
Se l'innovazione permette di crescere senza limiti, in che modo può avvenire?
Resta decisamente non chiaro quanto si possa effettivamente contare sull'innovazione. Ma immaginiamo uno scenario in cui, nei secoli a venire, si potrà continuare a crescere tramite l'innovazione. Come avverrebbe più esattamente una crescita economica e finanziaria, a parità di popolazione, diventando tutti più ricchi e propensi a spendere di più e solo (o principalmente) grazie all'innovazione?
Immaginiamo un piccolo stato isolato con 100 aziende (che trasposto nella realtà sarebbe il piccolo pianeta Terra, ma dobbiamo semplificare il modello): 8 aziende sono nel settore primario, 20 nel settore secondario e 72 nel settore terziario (proporzioni più o meno compatibili con quelle di uno stato moderno). Ci sono nel complesso 344 lavoratori e 500 persone (inclusi studenti non lavoratori e pensionati). Ogni famiglia fa mediamente 2 figli e il bilancio demografico è stabile. Il PIL dello Stato cresce di anno in anno perché il mercato interno, a dispetto del numero di abitanti, cresce. Negli anni l'innovazione porta a ottenere più risorse primarie nel settore primario servendosi di meno aziende e meno persone, le aziende nel settore secondario restano costanti ma diminuiscono i lavoratori perché si automatizza meglio la produzione, così cresce il settore terziario. I lavoratori che vedono concludere il proprio contratto, si formano (ancora di più i figli di questi lavoratori) e si inseriscono nel settore terziario che vende servizi di tanti tipi. Il settore terziario è più redditizio per i singoli lavoratori, rispetto a quello secondario e primario e quindi la crescita si realizza.
Proseguiamo nel futuro di questo stato immaginario: 1 sola azienda nel settore primario basta ad estrarre le risorse naturali necessarie, l'automazione è altissima e giusto 5 lavoratori altamente qualificati controllano macchinari e gestiscono altre necessità; l'automazione è proseguita anche nel settore secondario dove 10 aziende sono sufficienti ad operare tutte le trasformazioni secondarie con soli 3 lavoratori per azienda. Potrei dipingere lo scenario in cui l'automazione è tale per cui primario e secondario si fondono completamente in un unico processo automatizzato gestito da una sola azienda e pochissimi lavoratori, ma non vorrei sconfinare nella fantascienza. Ad ogni modo, è chiaro che riducendo numeri interi piccoli non possiamo ridurli all'infinito, deve esserci un livello oltre il quale il settore primario e secondario non si contraggono più (in questo caso è una contrazione desiderata perché comporta l'espansione di un settore con ridotto impatto ambientale e più remunerativo).
Ora la domanda diventa: come fanno le 89 aziende nel settore terziario a far crescere la ricchezza di tutti i lavoratori senza causare banale inflazione, come visto prima? La risposta è che devono esserci effettivamente più servizi venduti (visto che siamo nel settore terziario saranno soprattutto servizi più che beni). L'automazione e le nuove tecnologie permetteranno a tutti di essere più produttivi, la formazione sarà più specializzata e qualificata, così tutti guadagneranno di più e aumenterà il tenore di vita di tutti. Facciamo un esempio, Tizio ha casa di proprietà, un abbonamento ai mezzi pubblici, uno per la musica ed uno per i film, ovviamente è papà di esattamente 2 figli e insieme alla moglie lavoratrice paga una babysitter, vestiti, l'occorrente per la scuola, la formazione, ecc. Per crescere senza limiti dobbiamo ipotizzare che aumentino sempre di più i servizi acquistati dalle persone, in altre parole, i bisogni soggettivi della gente, ovviamente sempre più ricca e produttiva perché questo è parte dell'ipotesi di uno scenario in cui l'innovazione progredisce sempre.
I figli di Tizio, una volta adulti, faranno ovviamente famiglia e saranno più ricchi, aumentando la loro domanda di servizi. Quindi avranno un più costoso abbonamento per viaggiare in tutto lo Stato, abbonamento a musica e film, software AI per migliorare la produttività e le possibilità in vari ambiti, abbonamento ad uno psicologo via videochiamata perché anche non avendo problemi è sempre utile un punto di vista esterno su come sta andando la vita (è una cultura in evoluzione in questo paese sempre più ricco), abbonamenti a spazi cloud per avere archiviazione illimitata di file, un mini sito web, ed altre risorse. I loro figli avranno giochi più costosi e una formazione più costosa, ecc.
E i figli dei figli di Tizio? Fin dove si può spingere l'accrescimento dei bisogni soggettivi per vendere complessivamente più beni e servizi a parità di popolazione? Potremmo aggiungere alla lista assicurazioni sui beni acquistati, assicurazioni sulla vita, che già oggi ci sono, ma va immaginato uno scenario in cui tutte le persone pagherebbero questi servizi perché sarebbero tutti sufficientemente ricchi e farebbe parte di una diversa mentalità. Si andrebbe al ristorante quasi tutti i giorni e spesso ci si rivolgerebbe a locali più ricercati e speciali dal punto di vista dell'atmosfera, del servizio e degli intrattenimenti.
Il punto però è che occorre continuare ad accrescere la spesa individuale. E se ci si chiede come può aumentare la massa monetaria in circolazione, semplicemente dalla banca centrale verrebbe immessa più liquidità in vari modi e sarebbe giustificata da un sempre crescente PIL in questo Paese. Sembra anche abbastanza chiaro che questa mentalità richiede una bassa propensione al risparmio, la fiducia in redditi consistenti e quindi la propensione a spendere molto per migliorare il proprio tenore di vita rispetto alle generazioni precedenti. Fatto sta che si arriva ad esaurire la tipologia di servizi esistenti di cui godere quotidianamente, occorre iniziare a immaginare intrattenimenti e servizi futuri, cosa che è contemplata dall'innovazione. Magari costosi dispositivi o nuovi tipi di abbonamenti per vivere esperienze virtuali immersive, vacanze con modalità prima non immaginate o addirittura sulla Luna, nuove interfacce cervello-computer che aprirebbero possibilità difficili da immaginare, ma comunque inquadrabili in formazione ed intrattenimento, dotazione di maggiori robot casalinghi, ed altro.
Come si era già anticipato, è difficile figurarsi fin dove può spingersi l'innovazione. Però, percorrere questa ipotesi in uno stato seppure idealizzato può darci alcune comprensioni sui requisiti di un simile scenario di continua crescita con una popolazione costante e, in parallelo, anche alcuni elementi critici.
Requisiti e criticità nel crescere con l'innovazione
I bisogni umani sono limitati
Nello scenario tratteggiato sopra, risultava fondamentale che tutti (o per lo meno quasi tutti) fossero più ricchi e più propensi a spendere piuttosto che a risparmiare. Un certo livello di risparmio per fronteggiare spese impreviste è ovviamente da mettere nel conto, ma serve una mentalità per cui finché c'è un margine per aumentare il proprio tenore di vita, ciò andrebbe fatto. Questo può scontrarsi con la natura umana che, per quanto focalizzata sui propri interessi, è difficle credere che sia così mentalmente attiva e propensa al cambiamento da accrescere i propri bisogni, impiegare del tempo per comprendere nuovi servizi e aderire ad essi. Anzi, se possiamo avvalerci di qualche esperienza storica e antropologica, sappiamo che la natura umana tende ad opporre resistenza al cambiamento, né è vero che tutti sono così razionali da voler anche solo comprendere nuove cose per valutare eventuali vantaggi. Inoltre, soddisfatto un buon livello di bisogni, gli umani tendono ad essere appagati e non ci sarebbe, nella maggior parte dei casi, una sempre nuova spinta verso altri bisogni.
Il godimento di beni e servizi è limitato dal tempo
Un altro limite implicito è il tempo, ho parlato di abbonamenti ai trasporti su tutto lo stato, abbonamenti a musica, film, intrattenimenti sempre più futuristici, insieme al tempo per un lavoro altamente qualificato che garantisce alti redditi, ma c'è veramente il tempo per fare tutte queste cose? Verosimilmente bisognerà scegliere, anzi, nuovamente a causa della natura umana, è facile che si cercheranno anche spazi per il semplice riposo o banalmente non tutto l'intrattenimento possibile sarà intrattenimento desiderato, tante cose verrano semplicemente escluse perché non è vero che ci interessa tutto. Quindi sia un limite di tempo, sia un limite di bisogni umani.
La ricchezza deve essere ben distribuita
Altro fattore essenziale è che la crescente ricchezza sia ben distribuita, perché, se come oggi, si concentra su una ristretta parte della popolazione, per quanto si può ancora avere una crescita globale del PIL non è una crescita che può proseguire in modo lineare nel tempo, dal punto di vista della popolazione relativamente povera non sarebbe a lungo sostenibile, ma anche dal punto di vista dei super ricchi ci sarebbe un'enorme massa monetaria bloccata nei risparmi, invece ciò che serve è incrementare il volume complessivo delle compravendite ed il modo migliore è che tutti contribuiscano spendendo e dunque avendo soldi.
Beni e servizi devono tener conto dei limiti ambientali
Altro elemento critico, prima dato per scontato, è che tutta l'innovazione immaginata nell'esempio precedente sia compatibile con le risorse ambientali. Purtroppo, questo già adesso non è vero, per quanto le risorse del pianeta siano così abbondanti che ancora abbiamo terreni fertili, acqua potabile, terre rare per l'elettronica, un clima difficile ma non completamente sconvolto (cosa che dovrebbe capitare superando i 2,5°C circa di temperatura media globale rispetto all'era pre-industriale), ma queste ed altre risorse si stanno deteriorando rispetto ad un domanda complessiva sempre crescente e rispetto ad inquinamenti che non si riescono a ridurre. Non si può escludere che l'innovazione immaginata è decisamente una fantasia rispetto al momento in cui occorre fare i conti con la fisica e le risorse del pianeta.
I mercati tendono a saturarsi
Una dinamica che non ho menzionato, perché ho illustrato l'ipotesi di crescere sempre grazie all'innovazione, si scontra con la realtà storica della saturazione dei mercati. Durante gli anni del boom economico in Italia, o della grande crescita della popolazione mondiale, o della relativa ricchezza che hanno raggiunto paesi più poveri, o dell'intensificazione della globalizzazione tramite le telecomunicazioni che ha portato a prodotti nuovi in paesi in cui prima essi non erano disponibili, ecc., è relativamente facile aprire un negozio e avere clienti, o avviare un mercato di nuovi beni o servizi, o vendere un prodotto in qualche posto dove non era disponibile ed ora è richiesto, o produrre prodotti competitivi in paesi con basso costo di manodopera ed inserirsi nel mercato con questo vantaggio competitivo, ecc. Però, fuori da questi speciali momenti storici, solitamente, non c'è una nuova America da scoprire, non c'è una rivoluzione industriale ed agricola che permette alla popolazione mondiale di crescere esponenzialmente per qualche decennio, non c'è una nuova tecnologia che farà apparire Internet veloce una cosa primitiva, non c'è una globalizzazione che deve ancora sfruttare tante dinamiche ed efficentarsi in tanti aspetti.
Piuttosto, senza questo tipo di novità, i mercati tendono a saturarsi. Quando è chiaro che un prodotto è richiesto e ormai abbiamo una variegata concorrenza che lo vende, è particolarmente difficile inserirsi in quel settore di mercato come ulteriore concorrente. Per avviare una nuova impresa spesso serve individuare una "nicchia di mercato" che ancora non ha soddisfatto nessuno, ma gli imprenditori sono sempre alla ricerca di queste "nicchie di mercato" scoperte, che vengono trovate con il tempo, e diventa sempre più difficile individuarne delle nuove. Le aziende che aumentano i guadagni aprendosi all'esportazione con l'estero, possono farlo finché questa operazione è appunto da fare, ma una volta navigate le acque del commercio globale e delle esportazioni, non solo non sono più una nuova opzione su cui puntare per crescere, ma diventa necessario farlo per essere al pari con la concorrenza e restare allineati ai prezzi disponibili globalmente (praticamente su Internet). Insomma, non è facile avviare una nuova impresa e anche se spesso sono utili le idee innovative e le startup, se non ci sono grosse premesse storiche a nostro favore, i numeri di queste nuove imprese saranno semplicemente piccoli.
Un altro esempio ancora, se la popolazione cresce è praticamente automatico che il mercato interno si espande, serve vendere tutto quel che si vendeva prima, ma di più. Se la popolazione, come sta avvenendo nei paesi moderni, rallenta molto la sua crescita (e globalmente è auspicabile che non si continui a crescere come nello scorso secolo e più), l'esportazione diventa un elemento su cui puntare per non saturare il mercato di tanti prodotti locali, però se i paesi con cui esportiamo hanno dinamiche simili alla nostra, anche l'esportazione arriva ad un massimo e poi si assesta. Nuovamente, se non ci sono grandi novità all'orizzonte, i mercati tendono a saturarsi, arrivano ad un "monte affari" massimo e poi è quello, non cresce.
È compatibile un'economia stabile con l'attuale modello finanziario?
Oggi giorno, ci sono ancora margini di espansione, soprattutto nel contesto globale. La popolazione mondiale continua a crescere; paesi poveri che si stanno arricchendo ed avendo le condizioni di svolgere più lavori per il mercato globale, sia di beni che di servizi, offrono ulteriori possibilità per avere dipendenti a basso costo (almeno rispetto ai paesi ricchi); la tecnologia porta a nuovi beni e servizi, magari che si potranno permettere solo le fasce più benestanti della popolazione, ma è un altro spazio di crescita; la popolazione dei paesi ricchi invecchia e molti hanno buone pensioni insieme a crescenti bisogni di assistenza e può essere un settore di mercato in relativa espansione. Però, queste prospettive di crescita restano comunque modeste e sicuramente hanno un tempo che non sarà lunghissimo.
Secondo alcune previsioni sulla crescita mondiale della popolazione, verso il 2100 dovremmo iniziare a vedere una diminuzione piuttosto che un continuo accrescimento di essa. Per quanto i paesi poveri possano arricchirsi, non è verosimile immaginare un tenore di vita come quello americano o europeo, per grandi paesi come l'India (o generalmente per i cosiddetti BRICS, che sono i paesi poveri emergenti), principalmente per questioni ambientali e di risorse necessarie. Inoltre, un problema molto profondo nel contesto globale è la maldistribuzione della ricchezza, che limita molto la possibilità di avviare nuove imprese, spesso ci si focalizza sulle fasce più benestanti dei paesi poveri emergenti, perché la più ampia parte della popolazione semplicemente non può permettersi di più rispetto a ciò che ha. E le persone molto ricche godono già di ogni sorta di bene e servizio nel contesto globale e diventa particolarmente difficile trovare qualcosa di nuovo di cui potrebbero aver bisogno. Anche la popolazione anziana dei paesi europei avrà certamente dei crescenti bisogni, ma solo una parte più contenuta potrà effettivamente spendere per permettersi maggiori servizi, la parte verosimilmneete più ampia semplicemente ci rinuncerà. Questi sono i problemi diretti di una ricchezza molto concentrata su una parte minore della popolazione, a cui si aggiungono quelli indiretti, come furti, criminalità organizzata, sfiducia nel governo, ecc.
Cosa succede dunque se non si riesce a crescere o si cresce troppo poco? Fondamentalmente i PIL degli stati in esame, magari quelli europei, restano più o meno costanti, importazioni ed esportazioni dovrebbero assestarsi su degli equilibri che non fanno variare il valore delle valute fuori dall'area valutaria in esame. Le aziende esistenti continuano ovviamente la loro attività e la popolazione dovrebbe ridursi, come sta avvenendo in Europa, dunque i figli potranno occupare principalmente i lavori lasciati dalle vecchie generazioni e marginalmente ci sarà spazio per nuovi posti di lavoro. Anzi, l'automazione (robotica, informatica, AI) si prevede che aumenterà la produttività, e un minor numero di lavoratori più qualificati potrà fare più di quello che prima faceva un maggior numero di lavoratori. I vari stati hanno dei debiti pubblici i cui interessi devono essere pagati con la crescita della propria economia, come sta già avvenendo nei paesi "di coda" rispetto a quelli "trainanti" in Europa, e potranno esserci cessioni di attività nazionali ad imprese private per ripagare parte del debito. Ci saranno aiuti vincolati a riforme per fare gli interessi del mercato privato e far considerare nuovamente sostenibile il debito di uno stato in difficoltà alle agenzie di rating. Ci saranno anche finanziatori che, chiusi i difficili rapporti correnti, non investiranno di nuovo in paesi che stentano a crescere e questo, sia ora che dopo, implicherà una ridotta spesa pubblica con tagli e riduzione dei servizi statali.
Inoltre, in una economia che non cresce, il gettito fiscale sarà modesto e sarà un ulteriore limite alla spesa pubblica dello stato. La parte più ricca della popolazione continuerà a ricevere soldi tramite appartamenti in affito, grosse imprese di proprietà, grossi capitali investiti nel mercato finanziario, mentre la classe media per forza di cose andrà ad impoverirsi, come sta già avvenendo. Lo squilibrio della ricchezza tende ad essere esasperato in uno scenario in cui non c'è crescita (o solo assai marginalmente). Questo ha un impatto anche sulle nuove generazioni, perché le famiglie ricche potranno concedere ai figli corsi, formazione, viaggi, che la classe media potrà permettersi in misura sempre più contenuta, e quindi avrà un maggiore ostacolo nell'inserirsi nei posti di lavoro più redditizzi (e in numero contato data l'assenza di crescita). Lo stato sarà sempre più marginale e quindi non potrà colmare questa carenza di occasioni formative e di assistenza al reddito, qualora la parte povera della popolazione non potrà permettersi affatto un'istruzione di qualità per puntare a posti di rilievo. Inoltre, il mercato globale sta sfruttando manodopera e persino lavori qualificati in paesi poveri emergenti, questo permette di avere lavoratori a basso costo e indirettamente abbassa le prospettive di reddito nei paesi sviluppati perché devono competere con quelli sfruttati, se non vogliono vedere il proprio contratto semplicemente terminare.
In assenza di leggi e politiche che impongano alle aziende con elevato reddito di pagare di più i propri lavoratori, si esaspera la maldistribuzione della ricchezza. Purtroppo, nessuno stato può offrire questa tutela perché il mercato globale si muove al di fuori dei confini nazionali e se una cosa non è possibile in uno stato, ci sarà sempre un posto dove sarà possibile farla. Servirebbero accordi internazionali tra tutti i maggiori stati del mondo, ma le politiche globali sono fortemente divergenti, è poco credibile avere accordi internazionali a tutela dei lavoratori, non si riesce nemmeno a ottenere solidi accordi a favore dell'ambiente che dovrebbe essere nell'interesse di tutti. Dunque, il reddito del lavoro è affidato alla domanda e all'offerta nel mercato del lavoro, quindi non è credibile che un'azienda pagherà di più i propri dipendenti in funzione dei suoi maggiori guadagni, ma lo stipendio resterà ancorato a quel livello che semplicemente permette di trovare un lavoratore disposto ad accettarlo (legge della domanda e dell'offerta). Al massimo, in qualche azienda potremmo assistere a dei bonus premio di produttività, ma non sono cose che possono avere un significativo impatto sulla distribuzione della ricchezza in uno stato.
Non è chiaro se c'è un limite preciso, passato il quale, una società va drammaticamente in crisi. L'assenza di crescita, come meglio delineato qui sopra, non porta a nullo di buono. La maldistribuzione della ricchezza continua ad essere esasperata, la popolazione diventa tendenzialmente più povera, deve abbassare il proprio tenore di vita. Furti e criminalità potrebbero diventare un problema più pressante. Le nuove tecnologie rischiano di essere maggiormente godute, sia in termini di avvio di imprese, sia in termini di servizi acquistati, da chi ha una sufficiente ricchezza da avvalersi sempre delle migliori tecnologie disponibili. Forse, tra sacrifici e rinunce della classe media o della maggior parte della popolazione, è possibile andare avanti per molti decenni, prima di avere nuove fasi storiche che possano offrire cambiamenti rivoluzionari nell'economia globale, però questo modo zoppo ed iniquo di andare avanti è per me un fallimento di un modello che funziona decentemente solo quando effettivamente si cresce, ma la crescita tramite l'innovazione, come dipinta nello stato ideale, in qualche sezione sopra, è pura teoria che si scontra con una realtà che non offre le premesse per avere una crescita ideale come si potrebbe immaginare in un semplice modello.
La realtà con cui una crescita basata sull'innovazione si scontra è che gli umani non sono razionali, offrono resistenza al cambiamento; le politiche economiche degli stati nel mondo sono assai divergenti e non si riescono a tutelare le dinamiche per rendere accessibile a tutti i benefici dell'innovazione; i bisogni umani sono limitati ed antropologicamente è poco verosimile vedere compatibilità tra un umano medio e un modello economico in cui si debba e si voglia essere sempre più qualificati, sempre più bisognosi di beni e servizi e pronti a migliorare il proprio tenore di vita non appena aumenta il proprio reddito; così come anche è limitato il tempo a disposizione per fare cose e godere di beni e servizi.
Come spesso succede in economia, si va incontro a valori e giudizi molto soggettivi. Qualcuno potrebbe ritenere giusto o inevitabile che certi umani, fortunati e talvolta effettivamente più dotati, godano di posizioni migliori in questa società e se non ci sono le premesse per concedere una vita migliore a tutti, chi rimane fuori, si arrangia. Qualcuno potrebbe accusare la stupidità, la pigrizia, la paura dei cambiamenti, l'ignoranza degli stessi meccanismi dell'economia, come quegli elementi che non permettono all'innovazione di operare al suo meglio e ritenere molti inefficienti umani responsabili della loro svantaggiata condizione. È un modo di vedere la società, che a seconda delle persone, apparirà orribile o ingiusto o inevitabile o persino giusto, c'è una profonda soggettività nei valori e nei giudizi ed è saggio essere consapevoli che ci si può ritrovare a dialogare con persone che possono avere vedute tanto diverse sull'economia e sull'umanità.
Personalmente trovo le conseguenze di un'assente o scarsa crescita inaccettabili. Al tempo stesso, l'obiettivo della crescita è un'utopia se proposta come sempre perseguibile e capace di risolvere il suo impatto ambientale in futuro. Dunque, questo dogma rischia di essere una menzogna che scarica la responsabilità del sostenere un modello, che di fatto costringe molti ad una vita di relativa o assoluta povertà, proprio sulle spalle di chi in questa società sopporta e rinuncia perché più povero di altri. Metaforicamente "chi perde, ha anche torto". In alternativa, è un dogma che considerando la natura umana e le esigenze del mercato è inevitabile che vada incontro a momenti storici in cui esso non si realizza e vanno accettate crisi e tutto quel che ne consegue (questa è una posizione che ho sentito esporre più di una volta, e temo che sotto sotto siano in molti a pensarla così, anche se difficilmente viene espressa perché suona molto cinica e quindi socialmente sconveniente da riferire apertamente). Un'ulteriore alternativa radicale è mettere in discussione il modello stesso, invece di accettarne le conseguenze, però è chiaro che manca il potere politico per agire globalmente.
Agendo politicamente sul mercato globale e finanziario come si potrebbe rendere indolore un'economia stabile?
Purtroppo, come detto prima, il mercato globale non può essere governato dai singoli stati, servirebbero solidi accordi internazionali e non si vedono le premesse per avere simili accordi tra i Paesi del mondo. Piuttosto ci sono tensioni, guerre in corso e rischi di altri conflitti (non necessariamente militari). Quindi, anche avendo una soluzione, resta più un'idea teorica che non lascerà mai "la carta". Ad ogni modo, immaginando di avere un governo mondiale capace di imporre le leggi e farle rispettare, gli aspetti su cui si potrebbe agire in uno scenario di prolungata economia stabile (ed intendo che non cresce e non decresce, spesso si usa il termine più negativamente connotato "economia stagnante" dato che le conseguenze dell'assenza di crescita ormai le abbiamo viste e la sensazione è effettivamente quella di finire in una palude), sono: intervenire sulle imposte fiscali, imporre determinate politiche aziendali, imporre determinati contratti di lavoro a tutela dei lavoratori, migliorare in modo strategico la contenuta spesa pubblica disponibile. Purtroppo, in questo scenario non si può contare sull'assistenza al reddito, su eccezionali sforzi formativi da parte dello stato e su più posti di lavoro statali, perché è proprio lo scenario che porta la spesa pubblica ad essere particolarmente contratta. Quindi, sicuramente si deve fare il possibile con la spesa pubblica che certamente, seppur ridotta, ci sarà, ma principalmente si potrà agire con le leggi sulle imposte, sulle aziende e sui lavoratori.
Dovrebbe risultare chiaro che tante scelte sono possibili a seconda della politica economica che si desidera seguire. Senza entrare nei dettagli, tanto ho già premesso che è pura teoria impossibilitata a tradursi in pratica, l'aspetto su cui si dovrebbe intervenire (se prima si fosse stati d'accordo che le conseguenze di un'economia stabile sono inaccettabili) è la maldistribuzione della ricchezza perché non offre elementi per essere mitigata in assenza di crescita, ma solo esasperata. Quindi, pur essendoci varie modalità, fondamentalmente si tratta di tassare i redditi e i capitali più grandi per mantenere una situazione sociale sopportabile. Difficilmente si potrà puntare ad obiettivi ambiziosi. Due dei principali ostacoli sono: chi ha più ricchezza in questa società tendenzialmente riesce a condizionare la politica e, di contro, a stento esistono partiti che siano realmente in grado di fare l'interesse della parte più povera della popolazione; l'altro ostacolo è che nel mercato si innescano comportamenti finanziari che spesso creano effetti collaterali inaspettati.
Faccio un primo esempio: la patrimoniale, ovvero una tassa su immobili e/o capitali, quando si applica ai capitali, che solitamente vengono già difesi tramite investimenti dalla perdita di potere d'acquisto causata dell'inflazione, si cerca di difenderli anche dalla patrimoniale e questo può generare comportamenti forzati nel mercato finanziario. Per esempio, ci sarà una maggiore spinta a tenersi meno liquidità per non essere tassati e investire dunque su case o oro o qualsiasi bene che sia considerato un "bene rifugio" in quel momento storico (senza dimenticare che una bolla speculativa può scoppiare ovunque). Questo può "drogare" un determinato mercato, come quello degli immobili, che potrebbero salire improvvisamente di prezzo paralizzando le normali compravendite che avvenivano prima dell'imposta, oppure l'investimento cospicuo di qualche bene rifugio potrebbe trasformarlo in una bolla speculativa, appena si realizza l'infattibilità di salvare il valore nel tempo con quel bene, e quando poi si inizia a rivendere gli investimenti si tramutano in perdite. Col senno del poi, tanti ragionamenti sono possibili e scelte oculate, ma il mercato finanziario fa i conti con il breve periodo e molti comportamenti umani si riveleranno selvaggi e poco razionali. Spesso si preferisce evitare di tassare i capitali perché già combattono con l'inflazione e poi hanno una incisività nel mercato finanziario che espone appunto a rischi di difficile previsione.
Un secondo esempio è vincolare i contratti di lavoro ad un minimo orario, oppure obbligare l'azienda ad aumentare il reddito dei lavoratori in funzione dei suoi guadagni. Il problema di queste ricette è che se prima all'azienda conveniva assumere un certo numero di dipendenti, dopo una simile novità, ne assumerà meno o addirittura assumerà quasi tutti i dipendenti in paesi poveri emergenti. Una tutela per il lavoratore ha una doppia faccia, da una parte garantisce che se lavora le condizioni saranno migliori, dall'altra lo rende più costoso e quindi svantaggioso per l'azienda e finisce per essere scartato. Per questo, a volte, i sindacati dei lavoratori in Italia si sono opposti a queste forme di tutela perché avrebbero di fatto diminuito i posti di lavoro anziché mitigare la maldistribuzione della ricchezza (l'obiettivo che solitamente porta a questo genere di proposte).
Le azioni politiche che vogliono forzare certe indesiderate dinamiche del mercato sono efficaci solo se hanno potere su tutto il mercato, altrimenti si ritorcono contro. Invece di vedere una situazione sociale migliorare, si vedono investitori che spostano i capitali all'estero, si vedono le aziende delocalizzare ancora di più, si vedono le assunzioni complessive ridotte anziché invariate a migliori condizioni. Gli interventi accennati, come la patrimoniale sui redditi, la tutela dei contratti di lavoro, o soluzioni che forzino le aziende, sopratutto quelle che guadagnano tantissimo, a distribuire maggiormente questa ricchezza su tutti i suoi dipendenti sono le azioni possibili e teoricamente valide, ma ciascuno stato è chiuso nei suoi confini territoriali e una collaborazione mondiale tra stati è al momento una chimera. Per questo la politica, di destra o di sinistra, è sempre più piegata dalle esigenze del mercato perché non si riescono a domare, ma vanno assecondate. Questo scenario complessivo sembra appunto puntare verso una lunga e lenta crisi economica, che sommata a quella ambientale, potrebbe portare a scenari futuri molto gravi. Forse una grossa crisi mondiale potrebbe un giorno tradursi in una soluzione, ma è veramente difficile anche solo immaginare come ciò possa avvenire.
È concepibile un modello economico e finanziario salutare in un'economia stabile?
Se tanto le soluzioni più modeste e ragionevoli sono utopia, tanto vale sondare ogni possibile utopia, per avere un riferimento interessante e desiderabile che, magari un giorno lontano, potrebbe tradursi in realtà. Ragionare su un modello economico alternativo significa ripartire dal modo in cui distribuiamo beni e servizi. Al momento, siccome ci sono tanti beni e servizi scarsi, ovvero non così abbondanti da soddisfare il bisogno di chiunque in qualsiasi momento (es. l'ossigeno nell'aria è un bene abbondante e dunque non ha un mercato), ponendo un reddito per ciascun individuo e un capitale che si eredita, in questo modo, limitiamo l'accesso a beni e servizi scarsi. Più sono scarsi, più costano e così meno persone possono permetterseli. Però, la quantificazione del valore o del desiderio soggettivo di qualcosa è un notevole artificio e bisognerebbe partire dai modi alternativi di gestire i beni scarsi, se ce ne sono, se hanno vantaggi ed anche svantaggi. Sarà un lungo percorso che proseguirò con futuri post in questo blog.
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