Indagare il fenomeno della coscienza elencando tutte le sue proprietà
Nel post precedente "Cos'è esattamente un essere cosciente?" ho affrontato il concetto di identità, fatto chiarezza sul ruolo soggettivo che abbiamo nella scelta degli aspetti che consideriamo parte dell'identità e soprattutto ho presentato il concetto di "entità sensibile", che sarebbe ciascuno di noi. Essa consiste nel fenomeno della coscienza trattato indipendentemente da ciò che crediamo di essere (tema maggiormente connesso all'identità personale) e tale fenomeno è precisamente individuato da una proprietà di cui possiamo fare solo un'esperienza personale: "sentire di essere qualcosa, percepire sensazioni, provare emozioni". Uso diverse espressioni per esprimere questa proprietà, ma è una sola proprietà, ora non importa se percepiamo colori, odori, emozioni, concetti o qualsiasi altra cosa, la proprietà essenziale è proprio "poter percepire qualcosa", non importa cosa.
Userò le espressioni "entità sensibile" ed "entità cosciente" come sinonime. Grossolanamente esse sono anche sinonime di "coscienza", però più precisamente vorrei distinguere la coscienza dall'entità cosciente. La coscienza è qui intesa come fenomeno complessivo, ovvero il ricevere dei segnali da un corpo e provare sensazioni ed emozioni con tutto ciò che è coinvolto e più o meno conosciuto. Invece, l'entità cosciente è esattamente quell'"oggetto" (forse non fisico in senso classico) che siamo esattamente noi e che prova, sente, percepisce qualcosa.
L'obiettivo ora sarà elencare tutte le proprietà e le osservazioni sulla coscienza e sull'entità sensibile, ma sarà arduo individuarle tutte, però terrò il post aggiornato qualora trovassi ulteriori proprietà od osservazioni da aggiungere all'elenco.
Elenco delle proprietà
Riporto un elenco delle proprietà ed osservazioni che si andranno ad esaminare una per una.
- La coscienza ha una realtà oggettiva
- Le qualità e le sensazioni percepibili non si possono ridurre a dinamiche elettrochimiche o generalmente materiali
- Alla fisica mancano elementi fondamentali per considerare i fenomeni coscienti
- I contenuti della coscienza sono entità che si connettono in modo complesso al cervello
- L'entità sensibile è anche il supporto alle informazioni della coscienza
- L'entità sensibile ha una parte che potremmo chiamare "schermo degli eventi"
- Lo "schermo degli eventi" ha più dimensioni fisiche, una per ogni qualità esperibile
- Lo "schermo degli eventi" è sensibile oppure esiste un'altra parte che riceve quelle informazioni ed è sensibile
- La coscienza ha delle proprietà non-locali seppure confinate
- Forse la coscienza è almeno in parte un fenomeno quantistico
- Se l'entità sensibile è parzialmente non-locale, conserva lo stato di non-località pur subendo interazioni
- Non possiamo escludere che due coscienze possano avere interazioni non-locali a distanza
- La coscienza individuale può cessare e ritornare
- Esistono tante entità coscienti che fanno esperienze diverse
- Il presente è definito dalla nostra coscienza
- L'unica certezza assoluta che qualcosa si muove nell'universo è la coscienza
- Sappiamo alterare i contenuti della coscienza, ma non è chiaro se alteriamo l'entità cosciente
- Forse un'entità cosciente può essere divisa in due
- Se una coscienza può essere divisa, allora più coscienze possono fondersi
- L'entità sensibile non mostra motivi logici per essere specie-specifica
- Lo "schermo degli eventi" include "impressioni sensoriali", "pensieri" ed "emozioni"
- Volendo indicare "impressioni sensoriali" e "pensieri" insieme si può usare il termine "impressioni elaborate"
- C'è una relazione che non controlliamo tra "impressioni elaborate" ed "emozioni" e possiamo chiamarla "sensibilità emotiva"
- La sensibilità emotiva potrebbe dipendere unicamente dal cervello e da altri fattori fisiologici: "anima neuro-fisiologica"
- La sensibilità emotiva potrebbe dipendere da una parte dell'entità sensibile ed essere non solamente fisica in senso classico: "anima non-locale"
La coscienza ha una realtà oggettiva
Siccome esistono posizioni riduzioniste in filosofia che negano l'esistenza oggettiva della coscienza personale, inquadrando il fenomeno come una percezione soggettiva e dunque non oggettiva in senso scientifico, vorrei argomentare a favore dell'oggettività della coscienza. Uno dei principali filosofi riduzionisti del fenomeno della coscienza è Daniel Dennet. Essenzialmente riduce l'importanza della nostra percezione cosciente evidenziando, attraverso molteplici esperimenti, che la nostra percezione è un risultato di processi anche incoerenti tra loro che vengono elaborati in una "versione finale" che non sempre aderisce a quanto fisicamente è successo durante l'esperimento, ma è fortemente influenzata da illusioni percettive, cognitive, "versioni alternative" che non raggiungono il livello cosciente ma possono influenza il risultato finale. Questo quadro rende la coscienza un fenomeno frammentario e più simile ad una illusione. Inoltre, evidenzia che la parte oggettiva misurabile sono appunto gli impulsi elettrici del cervello ed in senso oggettivo solo questi esistono realmente, il resto è un prodotto della percezione che si costruisce nel cervello attraverso una molteplicità di processi concorrenti (la metafora del "pandemonio" fu usata per descrivere questa immagine).
Sicuramente molti esperimenti, che mostrano quanto la nostra percezione sia stratificata, influenzabile persino a posteriori, dunque soggetta ad illusioni sia percettive che cognitive, mette in luce la notevole complessità del fenomeno. Però, questo focus sui processi rischia di mettere in secondo piano un fenomeno che non può essere ridotto ad "allucinazione soggettiva" o "emergenza di una versione fra tante e dunque non oggettiva o non reale".
In primo luogo, la complessità dei processi nel cervello che porteranno a dei contenuti coscienti non desta rilevanti problemi se sono numerosi, concorrenti (in senso conflittuale e dunque selezionati) e non pienamente in grado di offrire una versione reale dei fatti. Quello che conta è che abbiamo della materia organica (il cervello ed il corpo) che organizzata in un certo modo è in grado di creare un fenomeno che al momento non trova alcun posto nelle teorie fisiche. Non solo c'è un'entità che può essere cosciente di qualcosa, ma nello specifico i contenuti di cui è cosciente sono elementi che esistono in un qualche senso oggettivo e non possono essere negati con l'argomento dell'illusione o allucinazione o elevata soggettività del risultato finale percepito.
Sostengo questo, perché anche ammesso che io mi stia illudendo di essere qualcuno, di vedere dei colori, di sentire dei rumori, di provare delle emozioni, ecc., affinché l'illusione esista devono almeno esistere gli elementi fondamentali che costituiscono questa illusione percettiva. È chiaramente ammissibile che io abbia un'idea errata di ciò che sono e che, magari sotto droghe, stia vedendo cose che palesemente non sono presenti (e sicuramente quel che vediamo è comunque ben diverso dalla realtà costituita da atomi e particelle che ci circonda), ma il colore rosso, il giallo, le frequenze udite, gli odori, la gioia, la paura e persino concetti non riducibili ad altri concetti, sono tutti elementi "atomici" della percezione, non riducibili ad altro, e non c'è possibilità logica di considerare questi elementi delle illusioni, dunque non esistenti. Se lo facciamo, se gli neghiamo un'esistenza oggettiva, nemmeno l'illusione presente nella tesi iniziale può esistere più.
Il fatto controintuitivo è che se apriamo un cranio e sezioniamo un cervello o andiamo ovunque in cerca nell'universo, non troveremo mai nulla di realmente rosso o giallo o udibile con certe frequenze o realmente odoroso o recante con sé un'emozione come fosse una sostanza interagibile. Se la nostra definizione di oggettivo è unicamente ancorata ad una visione scientifica e sperimentale, allora forse potremmo anche concludere che la coscienza non è scientificamente oggettiva, ma se non vogliamo essere troppo ottusi e ricordarci che la realtà è verosimilmente più ampia di quello che gli attuali modelli scientifici possono descrivere, dobbiamo essere pronti ad ampliare la nostra idea di "oggettivo" ed eventualmente anche di "scientifico" per andare incontro al concetto di "reale" che verosimilmente include un mondo più ampio rispetto a ciò che siamo finora riusciti a razionalizzare, misurare, con cui sappiamo interagire tramite strumenti da mettere al posto del solo soggetto (che in ultima istanza ha un ruolo fondamentale per dare senso ad ogni metodo scientifico).
Offro un ultimo controesempio, immaginiamo che un dipinto sia un'illusione con cui abbiamo a che fare, ciò che è rappresentato non esiste. Però, affinché il dipinto illusorio esista si compone di elementi, in particolare tutti i singoli colori usati nelle tante pennellate. Effettivamente i colori (in termini di materiali che riflettono certe lunghezze d'onda luminosa) esistono realmente, altrimenti non avremmo nessun dipinto e nessuna immagine illusoria. Dunque l'entità cosciente che vede dei colori (questa volta intesi come contenuti della coscienza), di certo non sta vedendo come esattamente è la realtà attorno a sé, però quei colori (al massimo scomponibili nei 3 colori primari additivi e poco altro) non essendo scomponibili in altri elementi più fondamentali devono realmente esistere da qualche parte.
Le qualità e le sensazioni percepibili non si possono ridurre a dinamiche elettrochimiche o generalmente materiali
Collegandomi a quanto detto sopra, ci sono elementi della percezione che possiamo scomporre, per esempio, una forma si può scomporre in elementi geometrici più semplici e in vari colori; un suono si può scomporre in frequenze; un profumo può essere composto da diversi odori; ecc. Talvolta non è ovvio come scomporre le qualità percepite, ma è anche evidente che il processo di scomposizione non può proseguire all'infinito e ci si può aggiustare tra un livello più fondamentale e ridotto di qualità o un livello più articolato. Ad ogni modo, potrebbe esserci l'idea di scomporre una qualità percepita negli elementi fisici che vengono chiamati in causa nel cervello durante la percezione di quella qualità. Quindi ricondurre un colore ad un'onda elettromagnetica e agli impulsi elettrici veicolati in primo luogo dal nervo ottico e poi ulteriormente processati, ma questo passaggio è improprio perché smette di considerare una parte della realtà (es. il colore rosso) ed inizia a considerare solo un'altra parte (ciò che avviene nel cervello).
Il tema a cui sto alludendo è il vecchio e noto dibattito della dualità "mente-corpo", ovviamente ci sono diverse posizioni a riguardo e non dispongo di nessuna statistica per sapere quale sia la posizione preferita, né è una cosa che si possa risolvere "votando". L'atteggiamento che ritengo più corretto è quello che accetta una doppia natura per il fenomeno della mente, un livello fisico ed un livello psicologico. Sono due parti di una realtà e solo perché abbiamo facilitazioni e strumenti per gestire meglio il livello fisico, non è una buona ragione per negare realtà all'altro livello.
Una chiara constatazione è che la fisica non tiene in alcun conto le qualità percepite dalla coscienza. Pur avendo chiarito che devono avere una qualche realtà oggettiva (cioè non sono solo frutto di illusioni personali), non hanno alcun posto nei modelli e nelle teorie della fisica, semplicemente è come se non esistessero. Si potrebbe dire qualcosa di simile sulla chimica organica, che è piena di proprietà fondamentalmente non contemplate dalla fisica, ma esiste sempre la possibilità di spiegare con la fisica quelle proprietà, magari servendosi di modelli particolarmente complessi e scomodi, che giusto per completezza teorica possono essere offerti, ma di fatto è più semplice trattare il fenomeno di interesse con il linguaggio della chimica e "far finta" che sia qualcosa che non compete alla fisica classica o quantistica. Però, sappiamo che un collegamento c'è, già per il solo fatto che si tratta di interazioni tra particelle e trasformazioni di legami, almeno in linea teorica possiamo iniziare ad immaginare un collegamento esaustivo.
Invece, quando consideriamo le qualità percepite nei fenomeni coscienti, gli elementi in gioco sono così diversi che non si riesce nemmeno a iniziare ad immaginare un modo di spiegare come particolari interazioni tra particelle e movimenti elettrochimici possano produrre un colore, o una frequenza udita, o un sapore, ecc. Quali possibilità logiche abbiamo dunque per inserire le qualità percepite nel mondo reale, visto che qualcosa di reale devono essere?
Ci sono due possibilità ben note che possiamo associare grossolanamente alle posizioni di Cartesio e Spinoza (senza entrare nei dettagli della volontà, della ghiandola pineale, della sostanza estesa, del pensiero... non voglio realmente analizzare il dettaglio delle loro posizioni). Una possibilità è la connessione tra (quella qui definita) entità cosciente e cervello (posizione di Cartesio), l'altra possibilità è la doppia natura della materia (posizione di Spinoza). Nella prima posizione le qualità percepibili dovrebbero esistere in uno spazio non fisico in senso classico ed essere qualcosa con una natura diversa da tutto ciò che consideriamo "materiale", ma tale oggetto è in grado di interagire quanto meno con un cervello e ricevere segnali. Nella seconda posizione dovremmo considerare tutta la materia e lo spazio attorno a noi, non solo come un luogo di particelle e onde quantistiche, ma in qualche modo l'universo sarebbe fatto anche di colori, odori, sapori, emozioni che con la giusta organizzazione materiale è possibile "sentire".
Vorrei far notare che le due posizioni potrebbero essere ricondotte ad una posizione unica e non vedendo altre possibilità logiche, quell'unica possibilità rimasta dovrebbe gioco-forza essere corretta. La doppia natura della materia non è qualcosa che è sempre presente o, meglio, magari è presente in potenza ma non sempre in atto, abbiamo bisogno di una particolare organizzazione della materia per poter esperire quegli aspetti della realtà percepibili da una coscienza. Il concetto di "connessione" può essere reso un po' più astratto rispetto al più ovvio senso fisico, ovvero inserire un cavo in una presa elettrica o mettere a contatto due oggetti (connessione semplice). Essa può essere intesa anche come creare un'antenna per captare onde elettromagnetiche; o usare certi segnali che saranno recepiti da altri recettori per instaurare una comunicazione che implica reazioni ed azioni (per esempio, innumerevoli processi che avvengono nelle cellule); anche la correlazione quantistica tra particelle in stato quantistico è un modo per avere una connessione; i "neuroni specchio" che replicano l'attività svolta da una dinamica umana conosciuta inducendola nel soggetto che osserva sono un altro tipo di connessione; ecc. (connessioni complesse). È quasi certamente errato immaginare due oggetti di natura profondamente diversa (materiale e "costituita da qualità percepibili") che si connettono per semplice contatto. Sappiamo anche che dato un certo tipo di organizzazione materiale si riesce ad esperire qualità percepibili. Non conosciamo gli esatti dettagli per cui un certo tipo di organizzazione della materia organica manifesta il fenomeno della coscienza. Ad ogni modo, quel tipo di organizzazione richiesta può essere inteso come il tipo di connessione che serve per accedere alla parte di realtà fatta di qualità percepibili.
Anche la differenza tra "contenuti esperibili" e oggetti materiali come due gruppi di oggetti di natura diversa (grossolanamente associabile alla visione di Cartesio), rispetto alla differenza tra "contenuti esperibili" e oggetti materiali come due aspetti di un'unica realtà (grossolanamente associabile alla visione di Spinoza), è più una distinzione linguistica che sperimentale o oggettiva. Quindi possiamo astrarre il concetto di oggetto e di "parte di realtà". Una "parte di realtà" potrebbe essere intesa come un oggetto e un oggetto come una "parte di realtà", dipende solo dal nostro modo di "ritagliare" il mondo quando costruiamo le definizioni. Giusto per ridurre il possibile senso di confusione, posso usare il termine "entità" per definire qualcosa di cui non abbiamo nemmeno idea se sia un oggetto in senso classico o una parte di realtà o qualcosa con una natura ancora da capire (es. le varie sostanze estese o pensanti di Cartesio o gli attributi di Spinoza).
Alla fisica mancano elementi fondamentali per considerare i fenomeni coscienti
Questo punto è già argomentato in quello precedente, ma per comodità e chiarezza desidero giusto aggiungere il punto in modo più esplicito alla lista di proprietà e osservazioni che sto collezionando.
I contenuti della coscienza sono entità che si connettono in modo complesso al cervello
La conclusione del precedente punto argomentato (saltando quello sintetico qui sopra) la riporto in un punto a parte. In qualche modo sono due facce della stessa medaglia, ma preferisco la ridondanza al rischio di perdere un punto di vista che potrebbe offrire nuovi indizi sul fenomeno della coscienza.
Le qualità e le sensazioni percepibili sono entità che hanno una loro esistenza oggettiva, altrimenti non potremmo costituire l'esperienza soggettiva di nessun soggetto. Possiamo considerarle entità senza entrare nel merito se siano oggetti o parti di realtà o altro. Deve esistere una connessione complessa tra "le qualità e le sensazioni percepibili" e "gli oggetti fisici", genericamente possiamo considerare un cervello quel tipo di connessione complessa attesa. Anche non volessimo accettare l'idea di "connessione" tra due nature diverse, si consideri che sto astraendo dal fatto se quelle due entità siano effettivamente oggetti di natura diversa (Cartesio) o aspetti diversi dello stesso oggetto (Spinoza), tanto sarebbe una mera distinzione linguistica visto che continueremmo a non sapere pressoché nulla dell'una o dell'altra "sostanza" ed è pur ovvio che c'è correlazione tra cervello e coscienza, la realtà "delle qualità e delle sensazioni percepibili" si "connette" al cervello.
Il rischio di immaginare un'anima, come un "doppione fantasma" del corpo, che pilota o subisce gli effetti del corpo è concreto, quando si usa il termine "connessione", ma ho cercato appunto di fare degli esempi di connessioni complesse e non sempre intuitive. È chiaro che non possiamo pensare ad una soluzione collocabile nella teoria della fisica classica (es. un "doppione fantasma"), dato che essa non offre nessun posto per il fenomeno che vogliamo studiare e che pur ha una sua realtà. Potremmo usare il concetto di "ponte" o "finestra" o "apertura", il fatto è che c'è un passaggio tra oggetti materiali (organici per quel che ne sappiamo) e realtà "delle qualità e delle sensazioni percepibili". Qui mi limito ad indicare questo passaggio di informazioni con il termine "connessione complessa" sottolineando che va inteso nel modo più astratto possibile perché non abbiamo un'idea della sua attualizzazione.
Data questa impostazione, due posizioni antitetiche come quella di Cartesio e Spinoza, possono essere ridotte a mere differenze linguistiche. Devo ovviamente considerare le loro posizioni ad un livello più generico rispetto ai singoli dettagli, ma ha il suo senso farlo. Per esempio, l'entità sensibile (anima o sostanza pensante di Cartesio) si connette in modo complesso tramite il cervello (la ghiandola pineale in Cartesio) al corpo (sostanza estesa). Oppure, l'entità sensibile (uno degli attributi della sostanza unica ed infinita di Spinoza) si connette in modo complesso tramite il cervello (ordine geometrico unico dell'unica sostanza che garantisce parallelismo tra attributo delle cose estese e attributo del pensiero) al corpo (l'attributo esteso dell'unica sostanza).
Siccome la ghiandola pineale e l'ordine geometrico sono due elementi più misteriosi che chiari, e quando parliamo di sostanze o attributi stiamo parlando di "cose" di cui di fatto non sappiamo nulla, tanto vale astrarre maggiormente, usare definizioni che ci ancorano direttamente al fenomeno interessato e così avere una versione unica che, come detto prima, per esaurimento di altre possibilità logiche sarà corretta o sarà il meglio con cui potremo approcciare il fenomeno.
L'entità sensibile è soggetta alle interazioni fisiche
Un punto semplice da argomentare è constatare che la coscienza, precisamente l'entità sensibile, è influenzata dagli eventi fisici nel cervello ed in generale nel corpo. Basti pensare alle operazioni al cervello, dove la compressione in alcuni punti, causa sensazioni di sapori o pensieri e movimenti incontrollati; agli ormoni che circolanti nel sangue hanno un notevole effetto sulle nostre emozioni; ovviamente agli organi di senso che tramite segnali elettrochimici portano informazioni al cervello; all'assunzione di alcol, droghe o psicofarmaci che hanno effetti evidenti sulla coscienza; ecc.
L'entità sensibile potrebbe non essere capace di azioni fisiche
Meno evidente è se l'entità sensibile riesca a causare modifiche nel cervello fisico. A questo tema si connette il concetto di volontà, di libero arbitrio, di creatività, di intuizione, di giudizi morali e forse qualcos'altro. Chiaramente le scelte individuali, l'arte, le invenzioni, le religioni, la morale sono aspetti della vita umana spesso importanti e che solitamente attribuiscono all'agire umano un valore speciale. Ad ogni modo, non saprei che genere di esperimenti o considerazioni fare per giungere ad una conclusione per questo punto. Mi limito a lasciare aperta questa possibilità: forse l'entità sensibile può agire sul cervello, forse ha un ruolo puramente passivo (che si concilierebbe con le concezioni della coscienza vista come un fenomeno emergente sul sottostrato fisico del cervello).
I contenuti della coscienza richiedono più dimensioni di quelle fisiche conosciute
Ho chiarito che le qualità e le sensazioni percepibili hanno una loro realtà oggettiva ed è anche chiaro che non si possono collocare nel cervello o in generale nel mondo come la fisica lo descrive. In teoria per la fisica non esistono, ma è stato chiarito che non possiamo negargli un'esistenza. Uno degli approcci più spontanei e ricorrenti è considerare ciò che percepiamo come un'interfaccia basata su un'interpretazione dei segnali che arrivano al cervello. E questo è anche corretto se pensiamo che le api, i granchi, i serpenti, le aquile, ecc., vedono il nostro stesso mondo ma con interfacce profondamente diverse (altri odori e/o altri colori, un senso dedicato alle vibrazioni, vista con zoom, ecc.). Il punto è dove collocare i contenuti della coscienza?
Indicativamente possiamo pensare che siano nella nostra testa, ma non possiamo disporli nelle 3 dimensioni fisiche (x, y, z) perché sappiamo non avrebbe alcun senso. Possiamo trovare un parallelismo tra uno o più circuiti neurali che lavorano mentre facciamo esperienza di certe sensazioni, ma anche una macchina può accendere diversi pixel per tener conto dei colori (e prima ancora usare dei codici negli indirizzi della memoria volatile), ma non essendoci coscienza in una macchina non ci sarà rosso, verde, blu (colori primari) da nessuna parte, questa trasformazione finale compete appunto alla coscienza e avviene nella nostra testa.
Trovare un parallelismo tra cervello e contenuto cosciente, e concludere che quanto avviene nel cervello è tutto ciò che esiste, significherebbe commettere l'errore da evitare trattato al punto 2 "Le qualità e le sensazioni percepibili non si possono ridurre a dinamiche elettrochimiche o generalmente materiali". Esse esistono e necessitano di uno spazio. Probabilmente non è uno spazio simile a quello fisico, quindi occorre lavorare con il concetto astratto di dimensione. Per esempio, anche il tempo è una dimensione nella fisica però sappiamo che è molto diversa dalle altre 3 dimensioni spaziali. È anche vero che qualsiasi dimensione può essere trattata o rappresentata come se fosse una dimensione spaziale, ma in questo contesto è meglio cercare di rimanere aderenti alla specificità delle dimensioni spaziali, temporali, sensoriali o qualunque dimensione a cui possiamo andare incontro.
Dunque, se la nostra coscienza ci mostra una grande varietà di tipi fondamentali di sensazione e non possono aver fisicamente luogo nelle 3 dimensioni spaziali indicativamente confinate nel cervello, serve aggiungere almeno 1 dimensione sensoriale per ogni tipo di sensazione fondamentale. Per esempio avremo la dimensione del colore rosso (dal nero al rosso più vivo percepibile), quella del verde e del blu, una dimensione per ogni gusto, es. dolce, amaro, salato (da un'intensità assente fino al massimo percepibile), una dimensione per il senso di pressione, una per il dolore fisico (da un minimo ad un massimo), una dimensione per il suono puro (dalla più bassa frequenza a quella più acuta) e probabilmente anche una dimensione per il volume (da assente a molto forte), avremo anche dimensioni per ogni emozione da un minimo ad un massimo (paura, amore, sorpresa, repulsione, ecc.), ecc.
È necessario che queste dimensioni si intersechino tra di loro, così come avviene per le 3 dimensioni spaziali in fisica, o addirittura tra esse e una dimensione di diversa qualità come quella temporale. Così il senso di pressione può essere a volte accompagnato dal dolore fisico, il dolore può essere puntiforme o distribuito, i colori primari possono dare origine ad un'enorme variabilità di sfumature, analogamente le emozioni possono mescolarsi e risultare più semplici o più articolate, i suoni complessi necessitano di molte dimensioni dedicate a ciascun suono puro che possono sovrapporsi, ecc.
Il quadro che emerge non sembra compatibile con la fisica classica, se cerchiamo di mettere in ordine tutto questo con la geometria euclidea, probabilmente solo immagini assurde possono scorrere nella nostra testa. Credo sia di grande aiuto un concetto che è emerso dalla meccanica quantistica, il concetto di "onda-particella" o "particelle in stato quantistico" o "onde quantistiche". Il concetto è maldigeribile per la razionalità più quotidiana e non si è trovato un modello davvero soddisfacente dal punto di vista didattico, semplicemente con i decenni si sono accettati i risultati sperimentali di molti esperimenti dalla doppia fenditura alle diseguaglianze di Bell. Però, è comunque l'aiuto più grande che posso vedere nel dare un ordine alle tante dimensioni sensoriali richieste dal fenomeno della coscienza.
Non posso offrire qui spiegazioni sui fenomeni quantistici, se siete digiuni dell'argomento si trovano tanti video esplicativi, cominciando dal più semplice e famoso esperimento della doppia fenditura ad altri argomenti che potrei menzionare poco oltre. Andando al dunque e sperando abbiate trovato modo di approfondire gli argomenti menzionati, quando una particella in stato quantistico parte da una sorgente di luce è come se partissero innumerevoli particelle, nei limiti delle direzioni e degli stati fisicamente possibili, questa marea di particelle potremmo dire "potenziali" si possono descrivere attraverso un'onda. Quest'onda però non è un'onda in senso classico come succede con il suono o nel mare, ma un'onda formata da un numero enorme di "particelle potenziali", quando l'onda interagirà con un oggetto macroscopico allora solo una particella verrà "attualizzata" o "localizzata". Il fatto straordinario del fenomeno è che l'insieme delle tante potenzialità previste ad un'onda quantistica, non sono probabilità statistiche, ma esistono oggettivamente e, seguendo uno dei vari esperimenti che dimostra questo punto in meccanica quantistica, le particelle potenziali possono interagire tra loro modificando il comportamento finale della particella che infine risulterà localizzata e rilevata da qualche strumento.
La meccanica quantistica ci mostra una parte della realtà che è sovrapponibile, in un modo che nella fisica classica è impensabile, non solo ciò si applica ad una particella in stato quantistico, ma persino nel vuoto, ovvero in qualsiasi punto dell'universo. Infatti sono note le fluttuazioni quantistiche, ovvero particelle "virtuali" (ma come prima, si tratta di una potenzialità che ha poi effetti reali e quindi esistono oggettivamente) che esistono in coppie antitetiche (es. elettrone e positrone) che si annichiliscono rilasciando luce (priva di materia, ma con una minima quantità di energia diversa da zero). Il vuoto in meccanica quantistica ha un campo con una minima quantità di energia maggiore di zero. Il campo è "virtualmente" costituito da un numero infinito di particelle che assumono stati, posizioni e velocità casuali compatibili con i limiti delle teorie fisiche, ma in questo "brodo" di particelle potenziali emergono per frazioni di tempo piccolissime delle particelle reali (per poi tornare luce che genererà nuove particelle e così via). Un noto esperimento che dimostra l'effetto di queste particelle generate dal vuoto quantistico è l'effetto Casimir. Quindi non è solo una conseguenza di modelli matematici, ma effettivamente il campo quantistico è in grado, in ogni punto dell'universo, di avere con sé la somma di infiniti stati e configurazioni di particelle da cui continuamente emerge qualcosa, compatibile con il livello più basso di energia associato al campo quantistico nel vuoto, e spesso definita "energia di punto zero".
Sapendo che esistono oggettivamente entità che possono avere una molteplicità di stati sovrapposti (addirittura in numero infinito) e hanno effetti nella realtà quotidiana, dagli esperimenti menzionati ad applicazioni pratiche come il concetto di qubit, dovrebbe risultare meno assurdo immaginare un'entità potenzialmente presente in ogni punto dell'universo che sia la somma di infinite dimensioni sensoriali (quelle prima elencate, colore rosso, verde, intensità di dolore, gravità o acutezza di un suono puro e suo volume, intensità di un sapore, intensità di una emozione, ecc.), dimensioni da intendersi nel senso più astratto possibile e non spaziale. Così da poter immaginare meglio la coscienza capace di "sentire" contenuti percepibili attraverso una configurazione di "punti di contatto" con quelle molteplici dimensioni sensoriali.
Non riesco a trovare un altro modo per dare un posto alle qualità e alle sensazioni percepibili, occorre ricorrere a dimensioni aggiuntive che costituiscono la realtà conosciuta oppure occorre negare l'esistenza alle qualità e alle sensazioni percepibili, ma la seconda scelta, come argomentato, è assurda perché non potrebbe più esistere alcun fenomeno cosciente.
Concludo questo punto con una curiosità. A volte, in matematica o in geometria, quando si vogliono rappresentare oggetti quadri-(o più) dimensionali si usano proprio i colori. La cosa straordinaria è che in fisica i colori nemmeno esistono, sarebbero solo diverse lunghezze d'onda, e certi intervalli di esse sono percepiti dal nostro cervello come colorati ed anche mescolabili tra loro a seconda delle frequenze che ci arrivano. Proprio la particolarità della coscienza che vede il mondo a colori ed il fatto che 3 colori primari possono essere usati per avere 3 dimensioni aggiuntive, ci permette di vedere oggetti oltre le 3 dimensioni, anche se saranno dimensioni colorate anziché spaziali, ma funziona.
L'entità sensibile è anche il supporto alle informazioni della coscienza
Quando percepiamo qualcosa, ciò che percepiamo è complesso e deve avvalersi di un numero relativamente grande di informazioni. Il campo visivo, la collocazione dei colori in esso, l'informazione elaborata che porta alle forme e al riconoscimento degli oggetti, le informazioni concettuali e i pensieri che abbiamo in quel momento, gli odori, i suoni che giungono da molteplici direzioni, il senso di contatto del corpo con gli oggetti che ci sostengono, ecc. Tutta questa "ampia visione" può essere descritta con dell'informazione e siccome quasi tutte queste informazioni (forse proprio tutte) giungono dai corpi fisici al nostro corpo e poi al cervello, ad un certo momento, sappiamo che diventano "contenuti percepiti" o "sensazioni per l'entità cosciente".
Dunque deve esistere una parte nell'entità sensibile che è in grado di dare un supporto a questo insieme di informazioni. Questa conclusione deriva dai principi della teoria dell'informazione, non possiamo avere informazione senza un supporto.
L'entità sensibile ha una parte che potremmo chiamare "schermo degli eventi"
L'entità sensibile è ciascuno di noi, ha la proprietà essenziale di "poter percepire qualcosa" e giungono molteplici informazioni che diventeranno "contenuti percepiti o sensazioni provate (o l'espressione che preferite)" e richiedono un supporto che è parte dell'entità sensibile. Possiamo dunque chiamare questo supporto "schermo degli eventi". I nomi servono solo a fissare dei punti in una mappa concettuale che ci permetterà di orientarci meglio, mano a mano che il discorso si stratifica. Chiaramente non c'è nessuno schermo in senso classico, però deve esistere una parte dell'entità sensibile che configurata in un certo modo è direttamente causa della nostra totale percezione degli "eventi" (ovvero sensazioni esterne, sensazioni interne, emozioni, tutto ciò che percepiamo).
Se rifiutiamo questo concetto, dovremmo nuovamente andare in cerca di un supporto per tutte le informazioni che effettivamente costituiscono poi l'intera esperienza cosciente momento per momento. Potremmo pensare che le informazioni possano esistere anche senza supporto, ma questo è molto più irrazionale da accettare ed anche nella meccanica quantistica, che sfida la nostra comprensione della realtà, esiste almeno un campo quantistico o onde quantistiche che in senso astratto sono "forme" (non materiali) che offrono un supporto informativo alle molteplici potenzialità che possono attualizzarsi, prima che quei fenomeni si "attualizzino" o "localizzino" in una tra le tante potenzialità. O ancora, si potrebbe nuovamente negare l'esistenza all'intero fenomeno della coscienza, liquidandolo come "soggettivo", che non compete alla fisica, e far finta che solo i parallelismi misurabili nel cervello sono ciò che esiste, ma ritengo che sia una posizione ancora più irrazionale della prima, oltre che già trattata nei precedenti punti.
Lo "schermo degli eventi" ha più dimensioni fisiche, una per ogni qualità esperibile
Abbiamo già visto come i contenuti della coscienza (qualità e sensazioni percepibili) richiedano più dimensioni di quelle fisiche conosciute. Inoltre, esse sono quel carico di informazione di cui lo "schermo degli eventi" è il supporto come parte dell'entità sensibile. Dunque lo "schermo degli eventi" è un'entità multi-dimensionale. È una semplice deduzione rispetto a quanto detto, ma merita un focus a sé.
Lo "schermo degli eventi" è sensibile oppure esiste un'altra parte che riceve quelle informazioni ed è sensibile
Dato che lo "schermo degli eventi" riporta tutte le informazioni che poi diventeranno effettivamente "il nostro contenuto cosciente" momento per momento, ci si può chiedere se quei contenuti diventino "coscienti" in virtù dello schermo stesso o c'è qualcos'altro che è "connesso" a quello schermo.
Lo "schermo degli eventi" si colloca in una fase successiva rispetto ai segnali elettrochimici nel cervello perché deve tener conto della seconda parte, in cui certi segnali corrisponderanno ad interpretazioni sensoriali (di rosso, di blu, di salato, di gioioso, ecc.) in grado di dare una configurazione alla molteplicità di dimensioni sensoriali che possono effettivamente costituire l'esperienza cosciente.
L'entità cosciente è forse cosciente in virtù dello schermo stesso, quindi noi saremmo "schermi di eventi percepibili" oppure esiste un'altra parte nell'entità cosciente che è "connessa" a questo schermo ed effettivamente rende possibile non solo avere l'esperienza cosciente descritta in uno spazio n-dimensionale (che forse esiste in potenza ovunque nell'universo), ma far giungere quell'esperienza "di cui si può aver coscienza" ad un essere cosciente che proverà tutto ciò che nello "schermo degli eventi" è rappresentato. Non riesco ora a trovare idee o esperimenti per dirimere queste due casistiche, quindi mi limito ad elencarle.
La coscienza ha delle proprietà non-locali seppure confinate
La coscienza ci pone di fronte ad un paradosso per la fisica classica. Ciò che costituisce tutta la nostra percezione è qualcosa di articolato e relativamente ricco di informazioni. L'entità sensibile è cosciente di tutto quel contenuto simultaneamente. Potrebbe sembrare una banalità, ma ha una conseguenza di enorme rilievo. Quando in un sistema fisico si vuole trasferire una informazione da un punto ad un altro, serve una particella o un'onda per far viaggiare quella informazione. Non c'è nessun oggetto che si possa dire abbia una "visione di insieme" rispetto ad un insieme di informazioni. Tutti gli scambi sono singolari, discreti, questo perché fisicamente parlando un oggetto stesso è una semplificazione concettuale nella nostra testa, in realtà esistono moltitudini di particelle che interagiscono tra loro e gli scambi sono appunto tra particelle, al massimo tra campi e particelle o viceversa.
Pensiamo ad un computer, che sembra avere una visione di insieme di un fenomeno simulato, per esempio un videogioco. C'è la posizione dei personaggi, scambi di messaggi, la resa di uno scenario grafico in tempo reale. Ma chi ha una visione di insieme di tutto questo siamo soltanto noi, cioè una coscienza che guarda uno schermo e legge messaggi. Nella macchina ci sono flussi di dati dalla memoria principale alla memoria volatile, e dati dalle periferiche. Questi dati passano attraverso uno o più processori che eseguono operazioni logiche elementari e tutto ciò che fisicamente avviene è leggere e scrivere bit da una parte ad un'altra, confrontare bit e ottenere un risultato, attivare o meno pixel luminosi sullo schermo. In qualche modo, nella memoria è presente una potenziale "visione di insieme", ma la memoria è divisa in segmenti accessibili tramite indirizzi e parti relativamente grandi di memoria sono ospitate su diversi chip. I chip hanno all'interno delle celle che conservano stati elettronici, ma tutte queste celle fisicamente sono entità separate e non c'è alcun modo di immaginare una "visione di insieme" che vada oltre il singolo e locale incontro-scontro tra particelle.
La coscienza è un fenomeno che, seppur confinato nel nostro cervello, mostra proprietà non-locali. Lo "schermo degli eventi" prima menzionato, in qualche modo (metaforicamente) può essere immaginato come un insieme di chip nella RAM di un computer, però quando quell'insieme complesso di informazioni che descrivono i contenuti di cui stiamo per essere coscienti diventa appunto un complesso contenuto cosciente, l'entità sensibile risulta "estesa all'intero schermo degli eventi". Essa è contemporaneamente sensibile ad un insieme vasto di informazioni (che sicuramente va ben al di là dell'informazione trasferita in fisica classica con una particella o un'onda), non è presente in un punto (come potrebbe essere un bit di una cella in un chip) o una sola parte di quello schermo (che già sarebbe un fenomeno non-locale in senso classico) ma ogni "parte", ogni dimensione sensoriale di quello schermo è simultaneamente percepita nella nostra visione.
Gli unici fenomeni fisici che mostrano proprietà non-locali sono i fenomeni quantistici. Per esempio, due particelle quantistiche possono rimanere in stato di entanglement per distanze o tempi molto lunghi (in teoria non c'è un limite definito), oppure i campi quantistici (nel vuoto e non solo) mostrano comportamenti emergenti che dipendono dall'intero campo che si estende nello spazio. Generalmente abbiamo a che fare con correlazioni quantistiche e queste si "attualizzano" (manifestano uno stato tra tanti potenziali) in tempo istantaneo.
Forse la coscienza è almeno in parte un fenomeno quantistico
Dato che proprietà non-locali possiamo osservarle sono nella coscienza e nella meccanica quantistica, forse la coscienza è almeno in parte un fenomeno quantistico. Potrebbe anche essere che sia un fenomeno che casualmente ha quella proprietà in comune, ma di fatto è un fenomeno ulteriormente diverso da quelli quantistici. E sicuramente la sola meccanica quantistica conosciuta non è sufficiente a rendere conto del fenomeno della coscienza, perché, come la fisica classica, non prevede nessun posto per le qualità e le sensazioni percepibili.
Se l'entità sensibile è parzialmente non-locale, conserva lo stato di non-località pur subendo interazioni
A differenza dei fenomeni quantistici, la coscienza conserva lo stato di non-località pur subendo interazioni. Quando i fenomeni quantistici interagiscono con un oggetto macroscopico, o si cerca di misurarli in qualche modo, perdono il loro stato di indeterminazione tra le varie potenzialità e si attualizza una possibilità tra tante. Invece, la coscienza è un continuo mutare di contenuti e sappiamo che continuamente riceve azioni dal cervello all'entità cosciente, ma continua a sussistere offrendo un'ampia e simultanea visione dell'esperienza, quindi conservando la proprietà non-locale che la caratterizza.
Non possiamo escludere che due coscienze possano avere interazioni non-locali a distanza
Siccome due particelle quantistiche possono essere in stato di entanglement ed avere una correlazione a distanza, e siccome la coscienza è forse almeno in parte un fenomeno quantistico e sicuramente mostra proprietà non-locali che a seguito di interazioni, almeno con il cervello, continuano a sussistere, non possiamo escludere che due entità coscienti possano instaurare un legame che ha effetti "a distanza".
Per chiarezza, non voglio sostenere la telepatia o altre forme più sofisticate di comunicazione mentale, però data la particolarità del fenomeno e le proprietà constatabili, direi che nemmeno si possono escludere queste possibilità.
La coscienza individuale può cessare e ritornare
Non so se vi è mai capitato di svenire completamente per un tempo significativo. Personalmente mi è accaduto 1 sola volta nella vita. Sono svenuto in altre occasioni, ma per pochi secondi, oppure in uno stato che non rispondevo ma di cui conservo un alone di sensazioni attorno a me. Prendo il caso più eclatante, a seguito di una puntura sottopelle sono svenuto (non importa se mi si inietta acqua o qualsiasi sostanza, in qualche modo ho un'importante fobia per le siringhe e seppure accetto e sopporto il momento della puntura, dopo un certo tempo con enorme probabilità svengo, è una cosa che non controllo). Ricordo che ero in una stanza, seduto a seguito della puntura, in attesa di poter andare via dopo il tempo di controllo di 10-15 minuti. Ero anche tranquillo, perché "il peggio era passato", però la mia visione ha iniziato a chiudersi, mentre provavo un senso di nausea, con tanti pallini colorati ed un leggero fischio alle orecchie, poi non ricordo nulla.
L'evento deve essere durato almeno circa 2 minuti, che non è poco, perché ho iniziato a rinvenire che ero steso su un lettino, in un'altra stanza, con alcuni vestiti allentati e diverse persone attorno a me. Il mio corpo sembrava completamente pieno di lividi (in realtà non c'era nulla, ma la sensazione era che mi avessero preso a botte da tutte le parti), sentivo strane sensazioni di freddo diffuse, una terribile debolezza e occasionali pallini colorati erano presenti, anche se avevo ripreso a vedere. Non ricordo quanto tempo ci ho messo per riprendermi completamente, ma direi 15-20 minuti almeno, forse più...
Da questa esperienza personale, ma l'esperienza di chiunque altro andrebbe altrettanto bene ovviamente, devo dedurre che la coscienza individuale può cessare completamente e può anche ritornare. In quel tempo non breve in cui ero svenuto, non ho alcun ricordo, niente di niente, nemmeno un senso di "tempo trascorso", è curioso ma tra le varie sgradevoli sensazioni ho anche la sensazione di essere stato "teletrasportato" da una stanza a quella successiva. Se fossero passati 20 anni in coma, probabilmente sarebbero rimasti due momenti successivi uno attaccato all'altro dal mio punto di vista. Il tempo può essere davvero molto relativo.
Quando si sviene l'entità sensibile non riceve più alcun contenuto, nemmeno la percezione di sé stessa (sempre che ce l'abbiamo mai), nemmeno la percezione di un'identità fittizia. Però, il fatto che lo "schermo degli eventi" cessa di riportare alcunché o resta in uno stato di quiete senza segnali, non significa che l'entità sensibile sia persa. Infatti, rinvenendo, torniamo ad essere sensibili del corpo, di ciò che ci circonda, delle informazioni registrate nel cervello.
Mi sono chiesto cosa venisse disattivato esattamente nel cervello durante uno svenimento (sincope è il termine medico). Purtroppo, ci sono svariate cause in gioco che fondamentalmente portano ad un ridotto afflusso di sangue al cervello (o di zuccheri nel caso dell'ipoglicemia). Quindi non c'è una zona specifica che si possa meglio legare alla coscienza tramite questo fenomeno. Inoltre, si tratta di un effetto collaterale di meccanismi che servono quasi sempre a prevenire problemi di pressione al cuore. Tali effetti collaterali sono maggiormente accentuati nella specie umana perché ha una posizione eretta e un cervello che consuma molti zuccheri. Quindi alterazioni di pressione che altre specie sopporterebbero senza svenire hanno un impatto assai maggiore sul cervello umano.
Esistono tante entità coscienti che fanno esperienze diverse
Volendo ipotizzare che il fenomeno della coscienza sia impersonale, qualcosa di simile ad un fuoco (combustione) che date le giuste condizioni si accende finché dura e poi si esaurisce (quando termina il combustibile), nel caso dello svenimento potremmo pensare che un essere muore e poi nasce un nuovo essere quando riparte un nuovo fenomeno cosciente. Esso entra in contatto con tutte le informazioni di quel cervello e crede di essere l'identità lì registrata, ma di fatto sarebbe un nuovo fenomeno, un nuovo essere cosciente che ricorda e crede le stesse cose dell'essere di prima.
È una visione controintuitiva, probabilmente errata, però a prescindere da chi credo di essere e di essere stato, ciò che caratterizza la mia individualità è proprio l'essere qui e "sentire qualcosa". Se dopo uno svenimento un nuovo fenomeno cosciente si "accendesse", che crede tutto ciò che nel cervello di quell'individuo è presente, ma di fatto è un altro essere che ora è lì e "sente qualcosa" e quello di prima "non sente più niente", non avremmo modo di sapere con certezza che un simile "scambio" non sia avvenuto.
Per esempio, io sono certo di essere qui, ora, a sentire qualcosa, ma il fatto che in passato, prima di svenire, fossi sempre io, non ho la totale certezza. Potrebbe essere che me lo ricordo, ma sono i ricordi scritti nel cervello e vissuti da un altro fenomeno cosciente che prima di me si era manifestato. Sono, ad ogni modo, dubbi che servono più a vedere il fenomeno da ogni punto di vista, anziché realmente utili per apprendere qualcosa di solido. È anche vero che il focus sul "sentire che sentiamo qualcosa" - io e non un altro - emerge nuovamente come proprietà che è maggiormente connessa all'identità. Infatti, è proprio questo "sentire" di ciascuno di noi che ci permette di dedurre che ci sono tante entità coscienti che "provano qualcosa" e non una sola.
Il fenomeno potrebbe essere impersonale, ma non in senso assoluto, altrimenti esisterebbe un'unica coscienza che sperimenta ciò che sperimentano i singoli individui, ma noi ci sentiamo diversi gli uni dagli altri. Quindi, o c'è un'identità che si attualizza quando un'entità cosciente inizia ad aver coscienza di qualcosa tramite un corpo, oppure c'è un'identità che si definisce nel corpo (principalmente nel cervello) come memoria e diventa "qualcosa di vissuto" tramite un'entità cosciente che ci si "lega" in qualche modo.
Nel primo caso abbiamo tante entità coscienti diverse che sperimentano qualcosa. Nel secondo caso, se fosse la stessa entità cosciente a legarsi con tanti cervelli, dovrebbero provare tutti le stesse cose, perché non sarebbero "tanti fenomeni individuali", ma uno solo. Quindi ritengo più verosimile il primo caso, devono esserci tante entità sensibili diverse, capaci di "provare qualcosa", di essere coscienti.
Il presente è definito dalla nostra coscienza
Nella relatività ristretta (che praticamente è semplificata rispetto a quella generale ignorando l'effetto delle masse sulla curvatura dello spazio-tempo) il concetto di presente è molto relativo. Infatti, il principio di simultaneità assoluta viene abbandonato e a seconda dei sistemi di riferimento due eventi possono essere simultanei oppure no. Conseguenza molto controintuitiva. Mentre nella relatività generale si assiste al fenomeno delle masse che modificano lo spazio-tempo, mescolando concettualmente due concetti (spazio e tempo) che quasi suggeriscono un'idea quadri-dimensionale dell'universo rendendo il presente ancora più convenzionale.
Questo lascia il concetto di presente strettamente legato alla nostra coscienza. Le formule fisiche descrivono l'evoluzione dei fenomeni fisici, ma stabilire quando è 'adesso' è una convenzione in quelle teorie, siamo noi coscienti in un preciso momento a definire effettivamente quando è 'adesso'. Ci si potrebbe chiedere se ha senso ipotizzare che altre coscienze siano coscienti nel passato o nel futuro, però se veramente le coscienze fossero dislocate nel tempo, verosimilmente potrebbe anche capitare che una persona con cui interagiamo, in realtà, sia una sorta di automa e la sua coscienza possa essere più indietro nel passato o più avanti nel futuro. È una visione molto controintuitiva e probabilmente errata, però come sempre vale la pena mantenere gli occhi aperti a tutte le possibilità quando si tratta della coscienza.
L'unica certezza assoluta che qualcosa si muove nell'universo è la coscienza
Se il presente è strettamente legato al nostro essere coscienti in un dato momento, senza gli esseri coscienti l'universo potrebbe essere rappresentato come un oggetto n-dimensionale e statico, potremmo pensare che il movimento sia un'illusione, che non esista. Ovviamente è solo un modo di vedere l'universo, però certamente qualcosa si muove in esso e questa certezza è data proprio dal flusso di tante percezioni e pensieri della coscienza. Compatibilmente ad una visione statica dell'intero universo, per giustificare il nostro flusso di coscienza, dobbiamo almeno accettare che le coscienze possano "scorrere" lungo linee spazio-temporali circoscritte ad un cervello umano come loro punto di vista e dunque che almeno esse si muovano.
Anche questa considerazione è più una curiosità che altro, verosimilmente non soltanto la coscienza si muove ma anche altri oggetti. I concetti di tempo, spazio-tempo, velocità e cambiamento, essendo concetti fondamentali, hanno definizioni essenzialmente sperimentali e quindi capiamo come funzionano, ma resta poco o per nulla comprensibile come possano esistere queste entità fondamentali della fisica o come possa esistere il moto. Non mancano paradossi in filosofia legati a questi concetti, ma non ci interessa addentrarci in essi ora.
Sappiamo alterare i contenuti della coscienza, ma non è chiaro se alteriamo l'entità cosciente
Esistono innumerevoli modi per alterare i contenuti della coscienza: pensare, guardare altrove, mostrare un input improvviso, iniettare ormoni, assumere droghe o psicofarmaci, intervenire con la chirurgia, ecc. Come possiamo essere certi di aver alterato l'entità cosciente e non soltanto i suoi contenuti (lo schermo degli eventi)? Non sapendo esattamente cosa sia l'entità sensibile non possiamo rispondere. Però, è importante tener conto che qualsiasi input e stravolgimento sulla coscienza, potrebbe essere interpretato come un cambiamento sullo schermo degli eventi e non come una progressiva dissoluzione dell'entità sensibile.
Una possibile critica a questa idea è che io stia rendendo l'entità sensibile troppo astratta, è possibile, ma non è certo. Provo dunque a immaginare come potrebbe essere l'entità sensibile nel caso in cui non venga alterata intervenendo sul corpo o modificando il cervello. In primo luogo, potrebbe essere una proprietà della materia o dello spazio che è impersonale, ovvero qualsiasi angolo dell'universo potrebbe diventare cosciente. Esso necessiterebbe di una forma, per quanto ne sappiamo, organica e complessa affinché recepisca degli input per cui inizi a "provare", "sentire qualcosa". In questo caso, anche se il corpo venisse distrutto, quell'entità cosciente smetterebbe di essere cosciente, ed esattamente si sarebbe chiusa una finestra con quel corpo ma potrebbe aprirsene un'altra. Ed ogni essere vivente sarebbe una finestra per questa proprietà latente della materia o dello spazio.
Un problema per questa visione è che, se io mi sposto nello spazio, sto forse disattivando entità coscienti alle mie spalle e nuove ne alimento? È un'idea molto forzata, controintuitiva, inutilmente complessa. Questo però ci fa escludere lo spazio come entità capace di coscienza. Potrebbe essere soltanto la materia ad avere una proprietà cosciente latente. Quindi organizzandola nel modo opportuno, l'entità sensibile che può ricevere degli input ed iniziare a "provare qualcosa" inizia appunto ad essere cosciente. In tal caso sarebbe indistruttibile o facilmente rigenerabile, così come gli elettroni attorno agli atomi sono nella maggior parte dei casi indistruttibili o essendo impersonali facilmente rigenerabili, l'entità cosciente potrebbe essere qualcosa di analogo ad una proprietà che necessita solo di essere complessificata ed iper-strutturata.
Questa prima visione è quella più compatibile ad un materialismo riduzionista e va nella direzione di un'identità che è nella sua natura profonda uguale per tutti, saremmo solo configurati diversamente.
Una seconda possibilità è che l'entità sensibile sia un oggetto non classico, già sappiamo essere multi-dimensionale, e che si aggiunge alla parte che noi conosciamo del corpo, ma risiede in una parte della realtà che è profondamente caratterizzata da comportamenti analoghi alla meccanica quantistica, in primo luogo la non-località del fenomeno, ma persino la persistenza della non-località a seguito di interazioni provenienti dalla parte fisica conosciuta della realtà. Questa visione può accostarsi meglio alle religioni o filosofie che postulano un'anima che si conserva al di là del corpo. Questo oggetto potrebbe anche conservare informazioni essendo non solo una proprietà, ma appunto un'entità aggiuntiva e potrebbe riconnettersi ad un nuovo corpo. Però possiamo giusto elencare questa possibilità, dato che non avendo strumenti conosciuti per interagire con i contenuti della coscienza e con le coscienze stesse, non possiamo eseguire esperimenti oggettivi, ripetibili ed è sicuramente saggio non fantasticare troppo attorno a questa ipotesi, a meno di non avere una buona ragione per farlo.
Fatico a immaginare una terza possibilità, ma non mi sento nemmeno di escludere che possa esserci. Piuttosto, ritengo opportuno considerare il caso in cui siamo in grado di alterare e distruggere l'entità sensibile. Quando "distruggiamo" un corpo, o meglio lo uccidiamo e lo scomponiamo, in realtà la materia rimane intatta, tante trasformazioni avvengono anche in vita e si possono ripristinare magari partendo da altra materia, ma tanto è impersonale e il risultato non cambierebbe. Ciò che si perde di realmente prezioso sono le relazioni ed in particolare quelle nel cervello, perché far ricrescere un braccio (un po' fantascientifico, ma plausibile) ci andrebbe anche bene come individui, penseremmo ad un recupero di esso nel caso l'avessimo perso. Quindi alterare in senso "distruttivo" significa perdere relazioni essenziali e caratterizzanti per quell'entità cosciente. L'entità cosciente è un continuo flusso di alterazioni sullo "schermo degli eventi" affinché sia possibile alterare ed eventualmente "distruggere" l'entità sensibile, si richiede che essa sia costituita da relazioni e le relazioni implicano che ci siano degli elementi in relazione.
Non conosciamo la natura dell'entità sensibile, quindi è probabilmente poco utile tentare di ipotizzare qualcosa sui suoi elementi, sempre che ne abbia in senso classico. Supponiamo che queste relazioni siano di fatto tra le cellule nervose, o comunque relazioni materiali, che arrivano in qualche modo a strutturare l'entità sensibile. Sappiamo anche che non si può ricondurre la coscienza unicamente al livello materiale conosciuto, quindi avremmo di fatto il primo scenario menzionato, ovvero l'entità sensibile sarebbe una proprietà della materia che va strutturata e complessificata, ma in tal caso sarebbe impersonale e potenzialmente ovunque. Insomma, non sarebbe possibile distruggerla, così come non distruggiamo la materia. Anche considerando eventuali trasformazioni fondamentali, come la materia in energia e viceversa, sarebbero trasformazioni impersonali e comunque reversibili.
Sarebbe più facile immaginare la "distruzione" dell'entità sensibile che noi siamo attraverso la seconda visione. Se esiste una forma n-dimensionale, non classica, sarebbe pur sempre una forma capace di offrire un supporto a delle informazioni e dunque avere relazioni e potendo rompere queste relazioni, riusciremmo effettivamente a perdere un'entità sensibile. Non si può nemmeno escludere che lo stato di non-località persistente implichi un oggetto non classico così speciale che di fatto non segue le relazioni materiali che noi conosciamo quotidianamente, ma sia una sorta di "somma di onde quantistiche" dove coesistono più potenzialità e magari è completamente assente il concetto di "dissoluzione" o "rimozione di una possibilità tra tante".
Mi rendo conto che suona forzato e inusuale, ma sono ipotesi strutturate su proprietà oggettivamente molto speciali della coscienza. Teniamo presente il concetto di vuoto quantistico per cui è impossibile che non esista nulla, ma si presenta un continuo rimescolarsi di coppie particella-antiparticella (e non solo coppie ad essere precisi) e radiazioni di luce. Questo è estremamente controintuitivo e razionalmente assurdo se non fosse stato verificato sperimentalmente. Quindi un oggetto non classico che conserva informazioni e, contrariamente agli oggetti quotidiani, risulta senza senso poter distruggere, è plausibile, quanto meno ipotizzabile.
Questo punto non giunge ad una conclusione, ma comunque aiuta ad elencare una serie di possibilità che potrebbero offrire ipotesi di modelli per inquadrare meglio il fenomeno della coscienza, in particolare l'entità sensibile. Ricapitolando: (1) tutta la materia porta con sé più dimensioni per giustificare anche le dimensioni sensoriali e persino una proprietà per cui può essere cosciente di qualcosa (in tal caso qualcosa di assai minimale), ma queste "impressioni sensibili" possono strutturarsi e complessificarsi fino a costituire coscienze più complesse come quelle animali. La coscienza come la materia sarebbe in tal caso "non perdibile" (ovvero indistruttibile o ri-trasformabile). (2) L'entità sensibile risiede in dimensioni diverse da quelle riscontrate dalla fisica (e non sarebbero inquadrabili come estensioni dimensionali che possiede ciascuna particella materiale) e segue comportamenti in parte simili a quelli dei fenomeni quantistici, ma nemmeno pienamente descrivibili dalla sola meccanica quantistica. Essa costituirebbe un supporto per ulteriori informazioni capaci di definire un'identità personale, sarebbe connessa in modo complesso al cervello (nel senso visto nei punti precedenti) e necessiterebbe di un corpo fisico per "impressionare" lo "schermo degli eventi". Essa potrebbe persistere alla dissoluzione del corpo, ma in accordo con la sua natura, potrebbe anche essere "distrutta" dato che avrebbe relazioni indipendenti dal corpo che la caratterizzano. (3) Non da escludere una terza possibilità, ma le ipotesi che riesco a immaginare ricadono nel primo o nel secondo caso.
Forse un'entità cosciente può essere divisa in due
Finora ho sottolineato l'aspetto unificante e individuale del "sentirsi coscienti", ma è un punto che potrebbe essere considerando un'illusione della percezione. Non sono d'accordo con questa ipotesi perché se c'è un individuo che si illude di essere un individuo, affinché sia vero che qualcuno si illude, deve pur esserci "un qualcuno", un individuo. Se invece c'è una molteplicità, come nel caso dell'ipotetica "proprietà sensibile" delle particelle, che può fondersi e strutturarsi in qualche modo fino a costituire una coscienza più complessa, che però è meglio interpretabile come un aggregato di fenomeni coscienti, resta pur vero che questa molteplicità riesce a fondersi e diventare qualcosa di unificato rispetto alla sola molteplicità di entità o processi coscienti, altrimenti, di nuovo, non avremmo affatto un individuo che possa illudersi di essere uno e non molti.
In questo contesto è bene non confondere l'idea di identità che abbiamo o la "maschera" che ci mettiamo (si pensi al romanzo di Pirandello "Uno, nessuno e centomila") con il fenomeno che effettivamente siamo. Persino i casi di schizofrenia indicano che possono coesistere diverse personalità, ma non diverse coscienze. Per discutere qualcosa di più estremo nell'ottica di un cervello che ospiti due coscienze, si può considerare i casi in cui, solitamente come estremo rimedio, viene inciso il corpo calloso attraverso il quale i due emisferi del cervello sono connessi, ed a seguito dell'incisione risulteranno dunque sconnessi. Questi esperimenti furono condotti inizialmente da Roger Sperry e Michael Gazzaniga su persone affette da grave epilessia e a cui è stato diviso il cervello (split brain) per limitare la propagazione delle scariche epilettiche e quindi limitare i danni complessivi di ogni crisi.
Si trova facilmente del materiale dove vengono raccontati e commentati gli esiti di questi esperimenti. Alcuni fatti salienti riguardano la struttura funzionale del cervello. L'emisfero destro riceve le immagini dalla parte sinistra del campo visivo e l'emisfero sinistro ricevere le immagini dalla parte destra del campo visivo. Queste informazioni vengono poi integrate attraverso le connessioni del corpo calloso, ma se esso viene inciso, le informazioni resteranno separate nelle due parti. I due emisferi hanno la possibilità di memorizzare informazioni e controllare la metà opposta del corpo, però la loro specificità funzionale è differente. L'emisfero sinistro è sede del linguaggio, dell'elaborazione logica, della produzione verbale e risolve i compiti più complessi. L'emisfero destro è specializzato nella ricognizione spaziale, nel riconoscimento dei volti, elabora la musica ed ha un ruolo maggiore nei processi creativi. Sicuramente sarebbe estremamente complesso entrare nei dettagli ed è anche certo che non ci sono compiti nettamente separati tra i due emisferi, ma è anche evidente una chiara asimmetria funzionale.
Sulla base di questa asimmetria funzionale e per il fatto che la parte destra, tra cui la mano, è governata dall'emisfero sinistro e viceversa, a seguito dell'incisione del corpo calloso, è possibile condurre degli esperimenti sui due emisferi. Ciò che si è osservato è che la parte destra può offrire risposte ad oggetti visti sulla parte sinistra del campo visivo, risposte semplici o emotive; la parte sinistra può usare la produzione verbale per rispondere a quanto visto nella parte destra del campo visivo. Le risposte sono indipendenti, si possono avere resoconti contrastanti, come se ci fossero due "persone" o due "coscienze" in un unico corpo. Gli effetti complessivi dell'incisione del corpo calloso (commissurotomia) restano comunque complessi, per esempio, queste persone riescono a condurre una vita relativamente normale e senza accusare stravolgimenti nella propria personalità.
Veniamo finalmente al punto da discutere: abbiamo effettivamente la possibilità di dividere la coscienza in due e generare due coscienze? Purtroppo, siccome non esiste un metodo sperimentale inequivocabile per dire se "qualcosa" ha coscienza o meno, non si può giungere ad una risposta definitiva. È facile ragionare per analogia: se un altro essere è un umano come me, si comporta in modo simile a me, ha degli organi ed un cervello simile al mio, ed io sono cosciente, allora è cosciente anche lui. Ma quando cerchiamo di applicare la domanda "questa cosa ha coscienza?" ad entità diverse da un comune umano, allora diventa tutto meno ovvio. Un insetto è cosciente? Una pianta può avere una forma di coscienza elementare senza un cervello? Una macchina avrà mai una coscienza? E una sola metà di cervello ha coscienza?
Considerando che i due emisferi hanno una diversa specializzazione, non si può escludere che solo uno passi effettivamente le informazioni all'entità sensibile e l'altro emisfero funzioni come un automa (una macchina) ma senza coscienza. Quindi è possibile che l'entità sensibile complessivamente connessa al cervello e divisa in due, abbia originato due entità sensibili. Ma è anche possibile che l'entità sensibile sia sempre una e semplicemente non riceve più le informazioni dall'altro emisfero, e l'altro emisfero continua a funzionare ma come una macchina senza coscienza.
Se una coscienza può essere divisa, allora più coscienze possono fondersi
Occorre tener presente che se realmente è possibile dividere una coscienza in due, allora è anche possibile fondere due coscienze in una. Inoltre, seguendo questa strada, può risultare maggiormente plausibile che ci siano entità sensibili minimali nella materia che possono fondersi e strutturarsi fino a formare entità sensibili complesse. Non è chiaro quando e come si avrebbe una prima entità sensibile minimale, però dovrebbe essere chiaro, in baso a quanto detto nei precedenti punti, che il fenomeno della coscienza e i suoi contenuti non possono "apparire" all'improvviso dal nulla. Questa visione, che inquadra la coscienza come fenomeno divisibile e componibile, è quella maggiormente compatibile con un materialismo basato sulle relazioni tra particelle ed elementi fisici.
L'entità sensibile non mostra motivi logici per essere specie-specifica
Per come ho caratterizzato l'entità sensibile, tramite la sola proprietà del "poter sentire qualcosa", non è intrinsecamente presente alcuna differenza tra l'entità sensibile di un cane o un uccello o un umano. Ciò che evidentemente varia sono i contenuti che raggiungono l'entità cosciente, quindi ciò che accade allo "schermo degli eventi", ma non c'è un motivo logico per cui l'entità sensibile di un umano non si possa "connettere in modo complesso" al cervello di un cane e far sì che provi completamente e solamente quel che può provare un cane con il cervello di un cane ed il corpo di un cane.
Magari se avessimo un modello o un'idea migliore dell'entità sensibile, potrebbe emergere qualche ragione per cui ciò non sia possibile. Ma per il momento è bene considerare la possibilità che l'entità sensibile non sia specie-specifica. Soprattutto nell'ipotesi in cui si formi come un aggregato dovuto a proprietà minimali della materia che possono complessificarsi fino a formare un'entità cosciente più complessa, ci sarebbe una totale continuità dalle cellule, agli insetti, agli animali con cervelli via via più complessi fino agli umani.
Nell'ipotesi in cui questa entità sensibile si connetta in modo complesso ad un cervello e risieda in dimensioni extra rispetto all'universo conosciuto, allora potrebbe (e ancora non necessariamente lo sarebbe) essere specie-specifica.
Lo "schermo degli eventi" include "impressioni sensoriali", "pensieri" ed "emozioni"
Nello "schermo degli eventi" ho incluso ogni tipo di contenuto percepibile, semplicemente l'ho definito così. Dunque le sensazioni tattili, gli odori, i colori, le forme, le distanze, i suoni, i pensieri che associamo alle immagini che vediamo, i pensieri che scorrono nella mente, eventualmente anche i sogni e tutte le emozioni che possiamo provare durante lo scorrere di ogni percezione e riflessione, tutto quanto implica un cambiamento nello "schermo degli eventi" che non rimane pura informazione, come potrebbe essere per una macchina, ma diventa un "contenuto sensibile" per l'entità sensibile o cosciente.
Volendo indicare "impressioni sensoriali" e "pensieri" insieme si può usare il termine "impressioni elaborate"
Siccome le emozioni hanno un ruolo particolare dentro di noi, può essere utile distinguerle da ciò che accade nell'intero "schermo degli eventi". Esse sono meno controllabili rispetto agli input percettivi a cui possiamo sottoporci, sono meno manipolabili dei pensieri, possiamo certamente "scatenarle" guardando certi film, da quelli romantici agli horror, ma è un controllo assai indiretto. Possiamo anche usare dei pensieri particolari e fissarci su di essi per provare paura o sollievo o eccitazione, ma si agisce sempre su un input che non è direttamente l'emozione.
Mentre è più difficile separare le "impressioni sensoriali" (ciò che vediamo, ciò che sentiamo, ecc.) dai pensieri, dato che le nostre conoscenze e le nostre idee di ciò che vediamo sono sempre applicate per interpretare la situazione in cui ci troviamo. Inoltre, abbiamo obiettivi, bisogni, lavori da portare a termine che influenzano ulteriormente il modo in cui vediamo ciò che ci circonda. Quindi può tornare utile usare il termine "impressioni elaborate" per mettere insieme le "impressioni sensoriali" e i "pensieri" e indicativamente tutto ciò che non è un'emozione.
Vorrei ulteriormente precisare che le emozioni hanno diverse declinazioni a seconda delle culture, diversi modi di essere manifestate, giudicate, teatralizzate e quindi anche la ricezione e la gestione di un'emozione è poi filtrata attraverso il pensiero, ma credo si possa riconoscere che le emozioni provengono da una parte del nostro essere che è la meno controllabile tra tutti i contenuti della coscienza. Per quanto riflettendo su di esse ovviamente è impossibile "distillarle" dai nostri pensieri (schemi concettuali, credenze, abitudini...) è anche vero che emergono come se provenissero da "fuori di noi" e nella maggior parte dei casi possiamo semplicemente constatarle, magari descrivendo ciò che ci porta a provare una data emozione, o descrivendo l'emozione stessa, ma capire perché proviamo quel che proviamo può avere ragioni che vanno dal DNA agli ormoni, da vissuti passati e parzialmente dimenticati a possibili regioni della coscienza ad oggi ignorate. Inoltre, le emozioni hanno poi una forte influenza sui nostri desideri, sulle nostre azioni, sul modo in cui la mente e il corpo si preparano a ciò che ci ha emozionato.
C'è una relazione che non controlliamo tra "impressioni elaborate" ed "emozioni" e possiamo chiamarla "sensibilità emotiva"
Ci sono molti detti relativi al fatto che le emozioni non si scelgono: "al cuore non si comanda", "ognuno ha i suoi gusti", "le relazioni di amore-odio" (per cui nonostante dei problemi c'è una irrinunciabile attrattiva), "non si sceglie di chi innamorarsi", ecc., ma non è certo la migliore delle argomentazioni avvalersi della saggezza popolare. Però, principalmente è un'osservazione introspettiva constatare che le emozioni "accadono", talvolta le scopriamo per determinati soggetti o ci prendono di sorpresa. Come accennato, possiamo focalizzarci su alcuni pensieri o distrarci dalla situazione corrente o guardare certi film o ascoltare certe canzoni per indurre determinate emozioni, però occorre lavorare indirettamente per poterle manipolare. Possiamo anche essere bravi a recitare e teatralizzare comportamenti, ma quello che sentiamo dentro è a un livello differente rispetto alla nostra simulazione.
Un ulteriore livello di complessità che accennerò soltanto è l'intreccio tra credenze ed emozioni. Il pensiero struttura le emozioni in base a ciò che conosciamo e a ciò che crediamo e si arrivano a definire dei più precisi desideri. I desideri possono essere molti e contrastanti e sempre con il pensiero (quello razionale) possiamo arrivare a gestirli in qualche modo. Quindi il quadro è complesso, non si può pensare a delle "emozioni grezze", c'è una iterazione di esse ed il risultato finale potrebbe causare ulteriori emozioni, quindi abbiamo un meccanismo a feedback che non è chiaro quando inizia e quando finisce.
L'aspetto principale su cui vorrei focalizzarmi è da quale entità dipende ciascuna relazione tra "impressione elaborata" ed "emozione". Naturalmente, posso solo fare ipotesi. Per comodità, questo insieme di relazioni lo chiamerò "sensibilità emotiva" e in qualche modo fa parte dell'entità sensibile. La "sensibilità emotiva" deve pur dipendere da una qualche struttura. Questa potrebbe interamente risiedere nel corpo fisico conosciuto, oppure potrebbe risiedere in quelle dimensioni sensoriali extra (relative all'entità sensibile), oppure potrebbero risiedere in entrambi.
La sensibilità emotiva potrebbe dipendere unicamente dal cervello e da altri fattori fisiologici: "anima neuro-fisiologica"
Vorrei usare il termine "anima" relativamente a quella parte di noi che ci rende "animati", capaci di desideri, da cui poi scaturiscono azioni e quindi animati in un senso più significativo di un semplice "cuore che batte" o del processo di respirazione automatico. Possiamo comunque includere la fame ed altri bisogni come fattori "animanti".
Ritengo utile avere una mappa che descriva i vari aspetti umani dal punto di vista della coscienza. Sicuramente questa mappa ha una stretta relazione con tutti gli organi che possiamo individuare nel corpo o con le aree più specifiche del cervello, ma avere altri punti di vista può essere utile per comprendere meglio un fenomeno. Sicuramente l'anima neuro-fisiologica è presente nel nostro corpo ed è costituita da tutti quegli apparati organici, schemi comportamentali, pattern neurali costruiti crescendo, che di fronte ad una serie di stimoli (per esempio, provare fame, sentire dolore in un punto del corpo, provare attrazioni emotive e/o sessuali, mantenere un buon giudizio che i nostri simili possono avere su di noi, ecc.), ci permettono di agire per sopperire a quelle necessità (per esempio, apprendere informazioni sulla nostra società e sapersi muovere per trovare del cibo; rimuovere la mano dall'oggetto che causa dolore; soddisfare le aspettative culturali e migliorare noi stessi nei limiti del possibile per avviare una relazione con un partner; mantenere un lavoro ed un comportamento adeguato affinché si abbia un generico rispetto da parte dei propri simili; ecc.).
Fisicamente il nostro corpo può rendere conto di ogni comportamento, non c'è nessun limite teorico e nessuna mancanza per spiegare completamente il comportamento dovuto alla "sensibilità emotiva", che verosimilmente potrebbe essere simulata persino da una macchina (anche se una prova empirica è tuttora assente, ma i modelli linguistici e i robot umanoidi vanno via via migliorando e forse un giorno avremo anche una conferma empirica che la nostra emotività è totalmente simulabile da una macchina). Dunque una prima ipotesi è che il nostro agire, in particolare quell'insieme di cause sottostanti che si fondano sulle emozioni può dipendere unicamente dall'anima neuro-fisiologica, ovvero quella parte del corpo che tramite ormoni, riflessi condizionati, pattern neurali riesce ad elaborare azioni a seguito di emozioni suscitate da determinati contenuti.
La sensibilità emotiva potrebbe dipendere da una parte dell'entità sensibile ed essere non solamente fisica in senso classico: "anima non-locale"
Occorre anche ipotizzare, che oltre all'anima neuro-fisiologica, la sensibilità emotiva possa dipendere da una parte dell'entità sensibile che abbiamo visto essere un oggetto non-fisico in senso classico. L'ipotesi è dovuta proprio alle emozioni che sono contenuti "sensibili", che sono parte di quelle dimensioni della realtà che occorre introdurre per rendere conto dell'esistenza dei "contenuti della coscienza", tra cui le emozioni.
Se queste relazioni che determinano la "sensibilità emotiva" hanno almeno in parte luogo in un oggetto che mostra proprietà non-locali, essa potrebbe ricevere input che non sono direttamente riscontrabili nel cervello o nel nostro corpo. In questo caso, potremmo aggiungere l'idea di un'"anima non-locale" che concorre a determinare il nostro comportamento coesistendo con l'anima neuro-fisiologica, ma potrebbe essere che non esista affatto un'"anima non-locale" e certamente risulta arduo poter condurre verifiche attorno a questa ipotesi.
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